A proposito di ETICA FOTOGRAFICA: George Rodger

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Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 16 di 71
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eh si, il buon Rodger e dopo essere entrato, primo fotografo in un campo, dopo la liberazione, se ne è andato in africa a fotografare l'etnia Noubas... tanto per chiarire che effetto fa scattare certe immagini o meglio essere testimone di cerrtti eventi.
allego inoltre la mia risposta ad un quesito postomi a proposito di una mia immagine inviata qui in FC:




Pietro Di Maggio, 27.01.2009 alle 12:51
Ho visto il tuo racconto in apnea, riprendo fiato e ti ringrazio per aver condiviso queste storie di umanità, dolore e sorrisi ... e di vita.

Posso farti una domanda? Come ti sentivi quando scattavi ?



V.O.G., 27.01.2009 alle 17:20
caro Pietro, credo che guardare la realtà ma soprattutto un certo tipo di realtà attraverso il mirino di una macchina fotografica costituisca, almeno per me, un ottimo filtro. Anzi di più , uno scudo protettivo che ti protegge da certe emozioni che inevitabilmente ti prendono . Quando scatti pensi solo a quello, sei concentrato, vigile. In queste situazioni la foto che cerchi si può materializzare in un secondo, se perdi l'attimo non puoi chiedere di rifarla ed io non chiedo nulla , lascio fare e lascio che le cose accadano. Cerco solo di anticiparle un pochino per non essere colto all'improvviso. Se devi catturare un gesto o una espressione hai poco tempo per pensare ad altro. Ma, c'è sempre un ma, se stacchi l'occhio dala macchina e ti guardi attorno allora inizi a ragionare e certi sentimenti possono avere il sopravvento, Mi è capitato e mi capiterà ancora e sempre ma credo che sia giusto così mi piace che lo sia. Altro discorso è quando riguardi le fotografie anchelì, seduto alla scrivania, hai due momenti. Il primo attento a osservare l'immagine, a vedere i difetti, a maledire quel rettangolino in alto o in basso che non ci doveva essere o quello che sempre o quasi non va; il secondo quando hai finito e allora ripensi non a quanto hai fatto , al risultato, ma a ciò di cui sei stato osservatore - solo apparentemente distaccato, almeno agli occhi altrui - e le cose alora cambiano. in quei momenti per me non esistono scudi protettivi, diaframmi fisici o mentali. ed è facile farsi prendere da certe emozioni . Uno ripesa alle propre storie.
Poi, un certo tipo di immagini uno cerca di farle, forse solo per due motivi: per mostrare senza dimostrare e per non sentirsi estraneo e partecipare.



Messaggio Modificato (04-02-09 09:47)
marco fulle marco fulle Messaggio 17 di 71
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Ottimo cercare una sintesi, ma senza esagerare, se no non ci capisco piu' nulla.

Nino scrive:
"La fotografia non mostra la realtà, mostra l'idea che se ne ha. (Neil Leifer)"
e capisco cosa vuol dire.

Giancarlo scrive:
"Rodger e altri come lui (capa, McCurry) si sono limitati a fotografare "as is", senza deviazioni semantiche. Il fatto che siano riusciti a farlo e non si siano astenuti non deve essere inteso come una mancanza di sensibilità, ma come forza interiore."
e di nuovo capisco cosa vuol dire, ma NEGA decisamente l'idea di Neil Leifer.

C'e' la fotografia "documentaristica", e il fotografo cerca di essere piu' "freddo" possibile ("distante" nelle parole di Rodger: gli interessa la realta', uguale per tutti). C'e' la fotografia "artistica", e il fotografo non puo' fare a meno di essere "caldo" (non gli interessa la realta', ma la SUA idea di, c'e' DENTRO la realta'). Uehi, ovviamente detto in soldoni!

Non credo (Spero!) che Rodger e Capa avrebbero mai buttato "il pennuto" nel petrolio. Temo che la contaminazione dell'approccio documetaristico con l'idea "la MIA realta' e' importante" possa anche far venire in buona fede l'idea di buttarlo nel petrolio (sarebbe ben potuto accadere: e un pennuto morto non vale la sensibilizzazione dell'opinione pubblica, che salvera' tutti gli altri pennuti?). Davvero questo e' un atteggiamento da pseudo-fotografi? Ossia, davvero i veri fotografi sono quelli che NON pubblicano, che non sono sottoposti alla pressione del "mercato mediatico"? Dove inizia e dove finisce questo "mercato mediatico"? Detto in altre parole: una foto non vale nulla finche' non abbiamo ALTRE prove che e' vera? (ossia testimoni che hanno visto che il pennuto ci era finito da solo nel petrolio)? Questa e' la morte della fotografia....
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 18 di 71
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Giancarlo, tu dici:
"Insomma io, noi, siamo fotografi... Amatori? sicuramente, ma alla fine fotografi. L'amatore è colui che ama, in questo caso la fotografia.
Come fotografo devo essere conscio di ciò che è il mezzo e usarlo per quello che è, non per quello che potrebbe essere.
Il chirurgo può essere salvatore o macellaio, a lui la scelta.
Non accusiamo la fotografia di peccati commessi da pseudo-fotografi"


Questo, secondo me, è il credo che dovrebbe avere ogni fotografo coscienzioso..
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 19 di 71
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@ Marco Fulle...

La fotografia documentaristica in che contesto la riesci a inquadrare?...
Mi spiego meglio...
In che ambito ritieni sia possibile farla?...
marco fulle marco fulle Messaggio 20 di 71
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@ Domenico. SEMPRE. E' una scelta, anzi, nemmeno: cosa sono decide che fotografia faccio. Forse Rodger vuol dire quello con "Penso che nessuno possa indicarti come agire, a parte raccomandarti di essere onesto con te stesso"? Per come sono, faccio fatica a immaginare che chi ha buttato il pennuto nel petrolio possa essere rimasto onesto con se stesso, ma non posso dirlo io: puo' solo dirlo LUI. Per come sono, rimango scettico davanti a fotografie dove il trucco e' possibile (udite udite: e se Rodger avesse CHIESTO che mettessero i cadaveri lungo la strada?), che non sanno far scattare la mia "sospensione dell'incredulita'". Ma non e' il mio "per come sono" che decide cos'e' la fotografia. Il mio "per come sono" mi fa solo preferire quella documentaristica (di nuovo, categoria definita IN SOLDONI)

Quanto al chirurgo, troppo facile: se il paziente vive, e' salvatore? se muore, macellaio? Se uno e' onesto con se stesso, come puo' non amare quello che fa?

Ma non credo di aver capito la tua domanda, forse non era una domanda....
Gianpaolo Giambuzzi Gianpaolo Giambuzzi Messaggio 21 di 71
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Domenico Crocitti
...”Giusto, provarci è la cosa più giusta. Avvicinarsi all'obiettivo finale già lo vedo più difficile perchè l'obiettivo finale è sempre diverso da persona a persona...”


Quello che ho scritto:
...Non ha importanza una verita' ultima,un obiettivo finale, perche' cio' che ci rende uomini,(se di senso umano parliamo), non e' il raggiungimento dell' obiettivo stesso,(ideale), ma il continuo avvicinarsi ad esso.E la fotografia puo' essere un mezzo...

Non ho mai scritto che tutti abbiamo lo stesso obiettivo, ma solo: obiettivo finale.
Nel contesto del discorso completo (se di senso umano parliamo - vedi sopra) risulta ovvio che ci si riferisce ad un obiettivo di ideali positivi.(O almeno pensati in buona fede). Quello espresso da me e’ un concetto piu’ ampio...



Messaggio Modificato (04-02-09 13:25)
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 22 di 71
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@ Gianpaolo...
Parlando di ideali positivi, di buona fede...Allora sono certo che la tua ricerca, porterà sicuramente frutti...

@ Marco...
Ti ammiro, sei capace di vedere oltre le parole...

A chiunque ha voglia e volontà di leggere, fotografare sencondo me è anche saper capire quando è il cervello a dover fare clic e non solo la macchina fotografica...

Vivere per la fotografia e vivere di fotografia...Non sono eticamente uguali...
marco fulle marco fulle Messaggio 23 di 71
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@ Domenico. Potresti essere un po' meno criptico? Vabbe', ognuno e' come e'. Allora, la solita storia dei soldi che sporcano tutto...?? Ho conosciuto/lavorato con molti professionisti, in genere yes, caratteracci. Ma credo che fossero gli stessi caratteracci anche prima che divenissero professionisti: il fotografo e' un solitario, se maschio preferibilmente maschio-alfa, una pizza. Ho conosciuto anche dei giganti, per esempio
http://www.kevinschafer.com/home.html
incredibilmente gentile, disponibile fino ad insospettirmi. Vivere per la fotografia lo si puo' fare SOLO SE si vive DI fotografia. La fotografia prende tutto il tempo che si ha, impossibile farla al massimo per hobby. Nessuno e' obbligato ad arrivare al massimo, ognuno ad essere onesto con se stesso, i professionisti primi fra tutti (altrimenti rischiano di perdere proprio la pagnotta, mica solo la faccia come noi)

CIAO! m
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 24 di 71
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Marco Fulle
"Davvero questo e' un atteggiamento da pseudo-fotografi? Ossia, davvero i veri fotografi sono quelli che NON pubblicano, che non sono sottoposti alla pressione del "mercato mediatico"?"

Assolutamente no. Il punto non è questo, tanto è vero che Rodger ha pubblicato eccome, lavorava come fotoreporter di guerra :-).
La morte della fotografia si ha quando si crea l'artifizio da fotgrafare al fine di vendere. Se metto il pennuto nel petrolio perchè mi fa vendere uccido la fotografia. Se il pennuto è già lì, non uccido la fotografia. Indipendentemente dalla vendita successiva.

E' chiaro che io non saprò mai, finchè si paleserà in qualche modo, se il pennuto ci è caduto o l'hanno buttato, ECCO PERCHE' TUTTO RUOTA SULL'ONESTA' DEL FOTOGRAFO! :-)

@ V.O.G.
Grazie, delle parole meravigliose.



Messaggio Modificato (04-02-09 14:06)
marco fulle marco fulle Messaggio 25 di 71
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Va bene, Giancarlo, ma allora QUANDO una foto e' una gran foto? Finche' non esce qualcuno che ci mostra le prove che e' "falsa"? E ho spiegato che non solo per vendere si puo' buttare un pennuto nel petrolio (sta storia che "vendere = crimine" mi fa davvero sorridere). E ripeto: CHI ci assicura che Rodger NON ha chiesto che sistemassero i cadaveri lungo la strada? Guarda che non se ne esce, da questa catena.... La fotografia MUORE, se la valutiamo cosi'.

Non chiediamole l'IMPOSSIBILE. La fotografia evoca, anche quella falsa, se fatta davvero bene. Che poi possa essere "vera", ma che m'importa? E questo lo scrive un DOCUMENTARISTA (in soldoni)...... m
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 26 di 71
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@Marco Fulle
Marco, non ho tirato io fuori la storia del pennuto. In quanto fotografo io mi fido di ciò che ho davanti (a meno che non sia una palese e pacchiana elaborazione). L'esempio più lampante è "The fallen Soldier di Capa".

Il cuore di questo argomento è un altro. Qui si tratta di analizzare l'operato del fotografo di fronte a scene che, per un verso o per un altro, toccano temi scottanti. La morte, la povertà.
Essendo la fotografia un mezzo potente, dev'essere conscio il fotografo delle possibili conseguenze di quella foto? E in base a quali regole?
Se decide di scattare di fronte alla morte, alla povertà? Fa male? In basi a quali regole? Chi lo dice?

Io dico che se il fotografo è conscio del mezzo fotografico e lo utilizza come denuncia e non per denigrare o lucrare (fine a se stesso) allora fa bene a scattare, se ci riesce, se la scena non lo pietrifica.

Personalmente credo che se si fotografa la morte (vedi foto Rodger) solo con l'intento di lucrarci sopra, con la più assoluta freddezza di fronta al problema beh, non si è fotografi. Al massimo dei buoni commercianti.

Non nego che Rogder abbia lucrato con quelle foto, ma sudiando il personaggio mi sono fatto un'idea su di lui, e lo reputo fotografo. Nel momento in cui mi si dovesse presentare la prova che ha fatto sistemare i cadaveri e chiesto al bambino di passeggiarci accanto (mi viene lo schifo solo a pensarci) allora Cancellerò Rodger dal mio elenco di fotografi.

Sarebbe stato peraltro incoerente e meschino da parte sua affermare di non voler più fotografare la morte e la sofferenza quando addirittura le ha messe in scena egli stesso.



Messaggio Modificato (04-02-09 15:09)
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 27 di 71
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Leggo... leggo tutto.... e ringrazio chi partecipa in modo così intenso e puntuale. Non ho parole migliori da dire, ma tiro un sospiro di sollievo. Finalmente un forum con idee, riflessioni, domande e dubbi, su argomenti che stimolano la mente e coinvolgono il cuore. Finalmente....
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 28 di 71
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@ Marco...

Certo che posso essere meno criptico...
Non concordo con te sul fatto che si può vivere per la fotografia solo se si vive di fotografia. Da quello che ho letto tu riesci a guadagnare vendendo le tue foto, io no...
Ma non per questo mi sento o sono meno fotografo di te...

Giancarlo parla di etica...

Io ho tirato fuori la storia del pennuto come esempio...
Quella a mio parere non è etica...
Un disastro ambientale, resta un disastro ambientale anche senza creare lo shock mediatico...

La fotografia documentaristica è molto vasta...
Tu fotografi i vulcani e indubbiamente li fotografi e li conosci apprezzandone il fascino e i rischi...
Ma ad esempio...Ti è mai capitato di andar a fare foto al funerale della vittima di un attentato?...
Anche li ci stanno fotografi che a modo loro credono di documentare il dolore...
Anche li si fa reportage...
Ma l'etica? Dove sta l'etica nel fotografare una vedova che piange la morte del marito o un bambino la morte del padre?
Dov'è?...Nel far sapere a tutti che soffrono?...
E se quelle persone in cuor loro volessero vivere quel dolore fra le quattro mura delle propria famiglia?...

Un fotografo di FC una volta mi ha detto a proposito di una mia pubblicazione che ci sono momenti in cui bisogna capire quando la macchina fotografica dev stare riposta e vivere solo il momento...

Ne ho fatto tesoro...

Fotografare un paesaggio non è la stessa cosa che fotografare per strada, almeno per me...
Non tutti vogliono essere immortalati senza esserne a conoscenza...
Che si possa fare, che sia permesso dalla legge è un'altra cosa...
Ma credo personalmente che nell'etica di un buon fotografo ci sia anche il concetto di capire che dove inizia la tua libertà di fotografo non deve finire la mia di persona...

Scusatemi per la lungaggine...
Con cordialità...



Messaggio Modificato (05-02-09 07:38)
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 29 di 71
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@Domenico
A parte che non mi è sembrato di capire che Marco abbia detto che si può vivere per la fotografia solo se si vive di fotografia, ma avrete modo di chiarire.

Tu dici:
"Dove sta l'etica nel fotografare una vedova che piange la morte del marito o un bambino la morte del padre?"

Pensi davvero che non ci possa essere alcuna etica? Forse dici questo perchè guardi la cosa da un solo punto di vista.
Domandati IN CHE MODO LA VEDOVA HA PERSO IL MARITO O LA MADRE IL BAMBINO! Può darsi che nelle sue lacrime non ci sia solo il dolore, ma anche la rabbia verso la follia umana. Può darsi che quella donna abbia voglia di urlare al mondo quanto è bastardo, tu potresti aiutarla.

Potrebbe anche rimanere sola con il suo dolore. Allora è lì che la macchina non deve scattare. Ma se tu per partito preso non indaghi in questo senso non lo saprai mai.

Io non voglio criticare il tuo modo di relazionarti con queste cose, perchè alla fine fanno parte della sensibilità personale e del proprio modo di essere. Ma per favore, cerca di essere obiettivo e non tirare fuori delle regole etiche universali. La fotografia non è questo.

Potrei portare mille esempi di fotografi che hanno fotografato il dolore e la rabbia di un funerale, fotografi di fama mondiale. Ti cito Abbas...
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 30 di 71
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Giancarlo, non cito regole universali...

Ricordi quando parlavamo a Scilla e ti ho detto che le foto che ho scattato non erano quello che avevo visto?...

Io parlo di questo...
Probabilmente sbaglio nel modo di esprimerlo con le mie parole...

L'etica, secondo me sta nell'essere onesti...
Nel mostrare con la fotografia il fatto nudo e crudo...
Lasciare poi alla sensibilità di ognuno pensare ciò che vuole...
Non è etico per me mostrare a tutti i costi qualcosa...
Non è etico non porsi domande su cosa sia giusto o non giusto fare...
E' etico ma non semplice saper capire quando rinunciare ad una fotografia...

Credimi, non era mia intenzione tirare fuori regole universali...:-) Non mi permetterei mai...
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