Mario Giacomelli

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Primo Fusari Primo Fusari Messaggio 16 di 48
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Una presentazione davvero ben fatta del grande Giacomelli.
Complimenti!
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 17 di 48
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ho incontrato, purtroppo di sfuggita , Mario Giacomelli .. era il 1979 a Venezia . ero andato insieme a 2 miei compagni di scuola ( uno ora è notaio mentre l'altro insegna all' ETH di Zurigo Meccanica dei Fluidi .. c'est la vie) a vedere la memorabile motra " Venezia 1979 - la Fotografia" di cui conservo ancora il catalogo come una reliqua. Lo conoscevo già e camminando per l'esposizione ad un certo momento l' ho riconosciuto dai capelli . Giacomelli era con una donna e un bambino la moglie ed il figlio, credo . sembrava non il Monumento quale era soprattutto per un giovanetto appassionato ma un semplice e un po' dimesso viitatore che paseggiava accanto ad una parete dove erano appese mi pare delle fotografie di Klein . io ragazzetto di 19 anni mi ci sono avvicinato e l'ho salutato ... purtroppo non avevo con me niente da farmi firmare ... mi ha risposto con un ciao. mi è rimato solo il suo saluto accompagnato da un sorriso.
da quel momento che ricordo con grande affetto Giacomelli è stato, per me, la Fotografia ed è per questo che ringrazio Cristina per questo intenso racconto. ma forse è un po' colpa mia .... un giorno mi ha chiesto mi pare di consigliarle un libro ed io senza pensarci 2 volte le ho risposto " la mia vita intera" di Simona Guerra, la nipote di MG ... insieme a "Lezioni di fotografia" di Ghirri. il più bel libro che possiedo.

non aggiungo niente altro che grazie

una cosetta però l'aggiungo , la chiusura di un saggio critico su MG di Alistar Crawford dal titolo " nella comunità dove meno è più": " più ci avviciniamo al mondo, piccolo ed insignificante, della nostra comunità, e più diventuiamo significativi" . queste parole che dicono molto sono proprie della fotografia di Cristina
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 18 di 48
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passo più tardi ... per il momento solo grazie Cristina.
EraS
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 19 di 48
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Ottimo, encomiabile lavoro. Veramente eccellente. Grazie.
È chiaro che tu senti molto questo personaggio che sfugge a facili descrizioni e che è difficile stringere in una qualunque categoria. Fotografo, grafico, poeta (filosofo non direi) ? Che cosa è stato Giacomelli?
Forse è stato tutte queste cose insieme e, allo stesso tempo, nella maniera pirandelliana più classica, è stato nessuno di essi.
Mario Giacomelli non è stato un fotografo, nel modo comune che noi intendiamo, ma ha usato la fotografia; non è stato un poeta che gli studenti leggeranno in classe, ma ha usato la poesia.
Possiamo leggere e amare i suoi lavori, ma difficilmente potrà essere d'esempio e generare una qualunque emulazione che abbia un senso. Se mai può avere senso emulare.

Dobbiamo assolutamente conservare il ricordo di questo uomo speciale che definire "artista" è forse il modo generico ma migliore per rendere il giusto omaggio a ciò che è stato. Un artista, per l'appunto.

E pur tuttavia Mario Giacomelli, ancorquando io mi sia anche a lungo soffermato sulle sue fotografie, con quella sua Kobell rappezzata con il nastro adesivo e rabberciata in modo inenarrabile, portata da 6x9 a 6x8 per recuperare un fotogramma di autonomia in più al rullo, mi mette nel cuore una tristezza da cui ho voglia di fuggire.
Le sue campagne, i suoi racconti della vita di una mezza Italia provinciale, narrano sofferenze. Sottili, sterminate, infinite sofferenze. Che sono sofferenze dell'animo più che sofferenze del corpo. Terre graffiate, più che arate, contadini che non hanno mai una festa da festeggiare, un bicchiere da bere, un fuoco da ardere, un ballo da ballare, un riso da ridere. Perfino l'amore è amore triste, quasi disperato, in cui anche la speranza sembra negata. E l'unico gioco e ballo lo fanno i preti, nelle loro nere palandrane, felici d'essere tutti masculi, come se fosse possibile una qualunque felicità, quando è esclusa dalla propria vita l'altra metà del mondo.

Questo è il mio rapporto conflittuale con Mario Giacomelli: un sentimento che è fatto di rispetto e anche ammirazione per il sua potente capacità di interpretazione ma, come lui fuggì dai mattatoi che voleva fotografare, e dalle grida degli animali morenti, a me capita di voler fuggire dall'atmosfera che molte sue immagini producono nel mio animo, che mi sembrano grida di sofferenza, non di vita da vivere ma di morte da morire.
Io vorrei morire una volta sola, se è possibile.

Non me ne vogliate per questo.
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 20 di 48
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Ciro ha interpretato molto correttamente il "problema Giacomelli ". quel senso di solitudine e di angoscia che certe sue fotografie ispirano sono solo l'esternazione di una persona che forse ha saputo tramite la fotogragfia più che rappresentare il di fuori cercare di esprimere se stesso e liberarsi da un peso . A MG non interessavano gli altari e gli allori , vedeva la fotografia come una parte di sè e forse il suo voler essere piccolo è solo un modo per proteggersi .. pochi fotografi ci sono riusciti con la sola forza che proviene dal di dentro. Mg era nato povero aveva vissuto una infanzia triste e poco serena e forse tutto questo retaggio compreso quello che gli proveniva da una cultura contadfina è racchiuso in quella straordinaria immagine del bambino di scanno che avvolto in un'aureola di luce tra il nero delle donne sembra un entità evanescente , un santo apparso
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 21 di 48
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Sicuramente è così, Luca. La parte stupenda di Giacomelli è proprio quella sua capacità di calarsi dentro, di immergersi dentro se stesso, alla ricerca di quei valori di appartenenza fino alla verosimiglianza genetica, come a ripercorrere indietro piuttosto che andare avanti; tornare e ritornare alle origini per diventare tutt'uno con il proprio destino. Le vicende degli ultimi anni a me sembra che corroborino questa mia ipotesi.
Da questo ruminare la sua stessa vita nasce tutta la sua potenza espressiva ed una scoperta ed esposizione di sè che raggiunge l'apice proprio nelle ultime più drammatiche, ma anche per me più belle fotografie, dove riesce a guardare e misurare se stesso e, nel contempo proprio per questo, ad allontanarsi dall'angoscia che sembra averlo accompagnato sempre.
La caratteristica che mi resta è quella di un grande artista capace di esprimere con forza la condizione del suo vivere interiore, ma la cui arte, a differenza di Vincent Van Gogh, non gli ha consentito di superare quella condizione e di emergere ad una condizione più leggera, di essere arma e strumento di riscatto e rinascita spirituale.
Giacomelli avrebbe potuto cambiare completamente la sua vita, se avesse voluto girarsi dall'altra parte, se avesse voluto guardare l'oceano. Ma la sua scelta è stata diversa, ha preferito restare e ricacciarsi nella sua terra che dà verso quel pezzo di mare richiuso che chiamiamo Adriatico.
È una scelta che rispetto, ma che non farei per me stesso.
Eppure ne sto parlando e questo significa che anche io, a Mario Giacomelli, devo qualcosa.
Anna Boeri Anna Boeri Messaggio 22 di 48
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Una bella e generosa ricostruzione.
Grazie Cristina!
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 23 di 48
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grazie per aver ricordato questo grande uomo. ogni volta che guardo le sue immagini o leggo qualcosa di suo provo una grande partecipazione. Voglio sottolineare, come hai già fatto tu, l'umiltà di un fotografo unico che non ha mai pensato di esserlo
cristian volpara cristian volpara Messaggio 24 di 48
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Grazie Cri....
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 25 di 48
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Giacomelli è stato il primo fotografo che ho visto in mostra e ne porto ancora i segni ... che bello!!!
Grazie Cristina
EraS
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 26 di 48
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Grazie Cristina, gran lavoro questo tuo
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 27 di 48
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Carlo Atzori Carlo Atzori Messaggio 28 di 48
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Straordinario lavoro, delicato, intelligente e, soprattutto, competente...mi piace perché la poesia di Mario Giacomelli fa parte fondamentale del mio modo di intendere e volere la fotografia, la poesia che diventa racconto dell'anima...complimenti. davvero emozionante questo viaggio tra le tue parole e le sue foto...
Carlo
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 29 di 48
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Quando guardo le foto di Mario, mi piace chiamarlo in maniera confidenziale, perché le sue immagini sono lettere confidenziali al mondo, mi commuovo ogni volta, non mi rattristo mai, nemmeno quando guardo quelle dei suoi vecchini all’ospizio, mi infondono solo tanta tenerezza. Il suo lavoro fotografico lo sento come un racconto di vita nella sua realtà più cruda ma ricca di significati e di grande devozione verso l’Uomo. Le sue foto con i segni della terra sono una delle cose più belle che ho incontrato nella Fotografia. Il suo lavoro ”La buona terra” racchiude molteplici significati e rappresenta una sorta di ritorno alle origini. Le foto hanno il sapore della vita semplice, raccontano atti di comunione, di condivisione, anche di quel poco companatico che si aveva allora, la vita contadina in quei tempi era unione, scambio di esperienze, rispetto. Mario ha visto i contadini, pur nella loro miseria, come fonti inesauribili di cultura, conoscenza e intelligenza. Li ha visti comprare il giornale, leggere libri, mangiare cose genuine, bere il vino della loro vigna. Mario ne era rimasto a contatto per mesi e ne era rimasto altrettanto stupito dalla vita operosa, dal loro rispetto verso la natura.
L’amore l’aveva cantato proprio in “Un uomo, una donna, un amore” con un racconto reale di un amore tra due ragazzi che vivono la loro passione fino alla partenza per il militare di lui. Le foto sono di una tenerezza e potenza uniche senza nessuna pretesa di arrivare ad un epilogo, caratteristica innegabile alla ricerca neorealista, anche se il suo realismo era più poetico e andava a discapito di alcune cose. Tutto quello che dicevano di lui gli andava bene perché in fondo lo dicevano gli altri e non era lui a dirlo, in questo era molto anarchico, a lui interessava provare emozioni, sapersi guardare dentro. Nella fotografia di Mario contano le idee, i pensieri, le sensazioni, senza rinnegare la realtà.
Non mi piace nemmeno chiamarlo artista, Giacomelli per tutta la vita ha continuato a definirsi un tipografo; credo che lui fosse uno che non amasse le etichette, conosciamo bene quanto grande era la sua umiltà. Io credo che era più un foto-poeta con un gran senso di ricerca dell’Uomo. Trovo straordinarie le sue idee esistenziali, a questo proposito consiglio vivamente il libro “La mia vita intera”, un diario straordinario e intimo intessuto da un dialogo intenso con la nipote, un libro che sembra quasi un testamento dei suoi sentimenti, un’eredità ricca di valori, raccontati attraverso i suoi ricordi fotografici forse proprio da lasciare alle generazioni future.

Qui trovate il ricordo di suo figlio:
http://dentroalreplay.blogspot.it/2008/ ... corda.html

Qual è l'insegnamento più grande che le ha lasciato suo padre?
Non so, forse avere cura di quello che esiste in tutte le sue età, o forse l'insegnamento più grande è che non sappiamo niente e dobbiamo imparare continuamente, anche dalla terra e dagli animali, dall'Umanità più che dal singolo.

http://photofinish.blogosfere.it/2008/0 ... padre.html

Quanta umanità taciuta si portava dentro

http://www.acra.it/index.php?option=com ... 78&lang=en

"Io non ritraggo paesaggi, ma i segni e la memoria dell'esistenza". Così diceva Mario Giacomelli parlando delle sue immagini, una frase profonda e folgorante degna di un poeta più che di un fotografo. Scattare per il grande artista di Senigallia era una esperienza totalizzante ed ispirata proprio come scrivere una poesia od una pagina di letteratura: questo è lo spirito colmo di amore per l'umanità e la Natura di Mario Giacomelli.

http://www.galleriaportfolio.it/giacome ... a-audisio/

Grazie a tutti, ma un ringraziamento speciale va a Luca (VOG) è lui l'artefice di questo mio amore per Mario...
lucy franco lucy franco   Messaggio 30 di 48
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leggo con infinito interesse gli interventi scaturiti da questa ricerca di ilmondodieLiot, su questa scheda che è scritta con tenerezza e ammirazione.

GRAZIE Cristina !
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