Jung e la fotografia

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Marina Visvi Marina Visvi Messaggio 1 di 7
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Fotografare è riconoscere nello stesso
e in frazione di secondo un evento
e il rigoroso assetto delle forme percepite con lo sguardo che esprimono e significano tale evento.
È porre sulla stessa linea di mira mente occhi, cuore.
È un modo di vivere
(Hanry Cartier-Bresson)

Hanry Cartier-Bresson è uno dei fotografi che meglio esprime l’essenza dell’arte fotografica; in questa sua breve citazione si può infatti rinvenire quale capacità e quale funzione rivesta ed ha sempre rivestito per l’essere umano la cattura di un immagine fotografica.
Fotografare significa mettere a fuoco un aspetto della realtà e, in modo particolare quell’aspetto che maggiormente colpisce l’attenzione di chi fotografa e che nel contempo lo emoziona.
Se guardiamo alla terminologia insita nella fotografia possiamo renderci conto di come questi termini collimino con la terminologia ed i concetti della psicologia.
Il corpo macchina fotografico possiede un ottica dalla quale dipende la profondità di campo o la messa a fuoco di un soggetto/oggetto, il tempo di esposizione, la velocità di scatto o il disegnare con la luce sono termini che utilizziamo quotidianamente e che forse hanno portato gli psicoanalisti a concepire la macchina fotografica come un’estensione dell’apparato visivo.
Quando ci poniamo davanti ad un evento emotivamente carico ed abbiamo in mano una macchina fotografica, nel nostro cervello immediatamente si forma l’immagine che vogliamo immortalare.
Pensiamo a quale velocità scattare, quanta luce dare all’immagine, cosa mettere in risalto e cosa sfocare, se l’immagine fotografica che vogliamo riprodurre debba essere in bianco e nero oppure a colori.
Ogni decisione implica quindi, una valutazione ed un assetto psicologico interno in quanto ciò che fuoriesce e che viene impresso su carta è la nostra interiorità.
Secondo Cartier-Bresson fotografare è un modo di vivere e, psicologicamente questo è assolutamente vero se si pensa che fotografare è dare spazio e corpo ad un’immagine interiore.
Il fermo immagine fotografico corrisponde dunque a fermare un’immagine psichica, metterla in risalto ed in rilievo, a darle profondità.
Ad un livello psicoanalitico la fotografia potrebbe assume una valenza di medium tra la realtà fisica e la realtà psicologica è un ponte tra l’interno e l’esterno dove, l’esterno viene introiettato e trasformato sulla base dell’ interiorità del fotografo.
In una frazione di secondo il fotografo deve quindi compiere un doppio movimento che va dall’esterno all’interno per poi tornare nuovamente all’esterno trasformato sulla base dell’ interiorità e soggettività.
Questo doppio movimento e questa soggettività vengono ben evidenziati se si mettono a paragone le fotografie di due differenti fotografi che si trovano al cospetto di un’identica immagine nel medesimo tempo e spazio. Ogni fotografo catturerà l’immagine esteriore e l’interpreterà in maniera prettamente soggettiva dando corpo a ciò che per lui ha valore. Questa differenza è una differenza interiore, una differenza che deriva dalla propria esperienza passata, dai propri vissuti.
Oltre a questo, nell’affermazione di Cartier-Bresson viene messo in evidenza come il fotografo debba aver ben sviluppate le funzioni di Intuizione, Pensiero, Sensazione e Sentimento in quanto in una frazione di secondo deve allineare MENTE OCCHI CUORE per valutare un evento significativamente importante. Il fotografo dunque deve pensare, valutare, sentire l’immagine esterna per poi riprodurla sia fedelmente –rendendone riconoscibile il soggetto/oggetto- sia, soggettivamente –dando risalto a ciò che per lui ha valore-.
L’arte fotografica quindi è un arte che difficilmente può essere acquisita o meglio, può essere studiata tecnicamente per acquisirne le regole ma, se non si possiedono doti e caratteristiche artistiche interiori, se non si possiede una buona immaginazione essa rimane solo uno sterile insieme di tecnica e regole che difficilmente potrà emozionare chi la guarda.
Emozionare con una fotografia non è semplice tecnica ma opera d’arte che spinge chi la guarda ad interrogarsi sull’immagine e su ciò che questa immagine significa per se stessi.
Al cospetto di un’immagine fotografica, chi guarda compie o dovrebbe compiere lo stesso doppio movimento di chi fotografa, dall’esterno all’interno poi nuovamente all’esterno. Chi guarda non dovrebbe interrogarsi sulle capacità tecniche di chi ha scattato la fotografia ma dovrebbe essere colto dall’emozione che la fotografia veicola. Se non si riesce a provare emozione davanti ad una fotografia, se il pensiero che colpisce chi guarda non va direttamente ad elicitare un’emozione significa che l’autore della fotografia non ha reso perfettamente l’emozione che in quel momento lo ha travolto.





L’IMPORTANZA DELLA TECNICA IN FOTOGRAFIA.

Non è la mera fotografia che mi interessa.
Quel che voglio catturare è quel minuto
parte della realtà
(Harry Cartier-Bresson)

Hanry Cartier-Bresson con la frase riportata sopra aveva colto pienamente il significato della fotografia la quale è sinonimo di realtà e di immediatezza. Proprio per questo Cartier-Bresson non era tanto interessato alla tecnica, che pur conosceva perfettamente, quanto alla realtà esterna.
Trasmettere emozione attraverso una fotografia significa riuscire a comprendere immediatamente cosa è importante e centrale per chi la osserva.
Da sempre la fotografia rispecchia il tempo e la cultura di una nazione quindi, il fotografo che riesce a catturale l’attenzione altrui e ad emozionarlo è colui che è in sintonia, che si muove con la coscienza del suo tempo e a volte, lo anticipa. È un posizionarsi sull’inconscio collettivo.
Ovviamente, per essere bravi fotografi e per poter catturare e mettere in luce un’immagine reale si debbono conoscere le tecniche che consentono di rendere al meglio quest’immagine.
Tutto ciò perché l’immagine interiore insita in un minuto che è parte della realtà è difficile da riprodurre all’esterno.
Quando si inizia a dialogare con la realtà attraverso la macchina fotografica ci si mette in rapporto con la stessa in maniera differente. Si stabilisce un contatto con il reale in maniera individuale poiché ci si sofferma a guardarlo da angolazioni insolite, focalizzando l’attenzione su particolari che non solo potrebbero sfuggire ma che sono interessanti solo per l’osservatore.
Queste operazioni servono alla ricerca dello scatto più idoneo a trasformare quell’attimo insito nella realtà in un attimo eterno, si cerca il trascendente l’infinito.
In questo modo corsi d’acqua, fiori, animali, paesaggi, notturni, albe, tramonti si trasformano ed assumono i tratti interiori, diventando istinti, inconscio, modo di rendere la parte incomunicabile comunicabile. In questo modo la fotografia può assumere i tratti di un’immagine onirica o di un’immaginazione attiva atta a portare in superficie quegli aspetti della personalità non riconosciuti.
A questo proposito i progetti fotografici sono ancor più notevoli poiché prima della realizzazione vi è una scelta ed un pensare intorno all’immagine da riprodurre.
A questo proposito è emblematico il caso di un Professore dell’Istituto di Fotografia e Comunicazione Integrata di Roma che ha commissionato ai propri studenti uno scatto per descrivere la personalità di un personaggio di un libro e/o film attraverso la teoria junghiana.
In questo modo il mondo della psicoanalisi si pone al servizio di uno scatto fotografico. Jung e la sua teoria si lasciano leggere ed interpretare in maniera differente. Non più uno psicoanalista che legge ed interpreta una fotografia o la personalità di chi fotografa ma, un fotografo che legge la realtà e la interpreta junghianamente in uno scatto.
Jung si apre in un campo che gli è proprio un campo in cui fino a questo momento non l’aveva visto come agente attivo.
Se la fotografia è un disegnare con la luce, se essa è un trasportare un’immagine inconscia in superficie, se il fotografo è colui che si posiziona sull’inconscio collettivo allora, la fotografia può essere considerata come appartenente alla cultura junghiana. Questo campo nuovo potrebbe essere uno spunto di interdisciplinare, un passare da una teoria ad una pratica altra dove l’immagine non è più solo sognata, immaginata o disegnata ma anche fotografata.
La fotografia finora è stata vista solo come arte “minore” perché tratta di una realtà già data, una realtà esistente e non creata ex-novo . in realtà però, la fotografia è soggettività perché un interpretare il già dato in modo personale ed intimo.
Questa interpretazione soggettiva è facilmente rinvenibile nella comparazione di due scatti fotografici di due fotografi diversi che, al cospetto di una stessa realtà ne colgono non solo aspetti differenti ma ne danno un interpretazione differente. Ognuno dei due fotografi deciderà l’angolazione di scatto, la profondità di campo, la gestione del colore o del bianco e nero, si soffermerà sulle ombre enfatizzandole o, differentemente per eliminarle. Da qui risulta che un’identica realtà può apparire totalmente differente e lo stesso spazio-tempo totalmente distante tra i due scatti. La gestione di questi aspetti può essere letta junghianamente sia dal fotografo che dall’analista ovviamente partendo ed arrivando a risultati differenti.
La luce può fare tutto
Le ombre lavorano per me
Io faccio le ombre
Io faccio la luce
Io posso creare tutto con la mia
macchina fotografica
(Man Ray)
† Riccardo d'Alterio † Riccardo d'Alterio Messaggio 2 di 7
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Sono orgoglioso di aver avuto il privilegio di leggerlo in anteprima. Davvero interessante e ben scritto.
Marina Visvi Marina Visvi Messaggio 3 di 7
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Grazie a te Riccardo
claudine capello claudine capello   Messaggio 4 di 7
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interessante articolo detto in parole semplici alla portata di tutti e questo è un pregio.

si la foto ha preso una grande presenza nella vita di tutti i giorni che non aveva prima del digitale .... Oramai tutti fotografano di tutto e tutti e di sicuro sarà un istrumento utile per l analista sarebbe solo per la scelta di foto che uno fa e come uno la presenta . Anche se i puristi considerano che la foto può essere solo concettuale ( e che tutto il resto è inutile) mi sembra impossibile andare controcorrente e bisogna riconoscere che una bella e buona foto si puo fare in tutti campi come è diversa l anima umana e i suoi interessi ...è come se uno volessi vietare a uno di dipingere la domenica per il suo piacere... La domanda sarebbe di sapere in che può aiutare l analista , la fotografia nel suo senso piu largo ...

è obvio che la foto è in mille modi l espressione dell anima di ognuno, e credo che un analista non ha bisogno che sia un capolavoro .....uno specialista deve però sapere leggere cosa vede perche il simbolismo della foto non mi sembra evidente ma molto complesso perche nessun si esprime nello stesso modo ... una stessa cosa ripresa da diverse persone non risulta il frutto delle stesse ragioni.
prendiamo un paesaggio per esempio. Ci sono mille modi di riprendere un paesaggio si cambia l ora , l inquadratura , la luce, la tecnica.... c è chi non sopporta il colore e chi lo trova indispensabile... la foto certo parla di una persona ma come farà l analista per sapere tutti i perche di una foto ?? non è una buona composizione che può interessarlo ma il perche di questa scelta e in questo la foto mi sembra davvero solo uno dei modi che può aiutare a capire cose profonde della persona ma non basta secondo me...Mi ricordo un analista junghien che utilizzava creazioni sulla sabbia per provare a trovare particolari dell anima dei suoi pazienti ... che la fotografia possa aiutare come lo studio dei sogni credo che sia forse piu facile se uno utilizza i programmi di ritocco che non mettono limiti alla creazione e a l espressione perche le intenzioni possono essere tanto buone ma non bastano per saper tradurre con una foto quello che uno ha provato a quel momento dello scatto ...Non tutti sono capaci ( direi 10 per cento dei fotografi ...e ancora ) sono capaci di fare passare le loro emozioni in uno scatto....
dunque mi sembra che la foto sempre di piu ripresa in automatico dalla maggioranza può certo aiutare l analista ma è solo per un infima parte delle persone che aprirà completamente l anima di uno al suo analista....e la prima condizione di un utilizzo terapeutico sarebbe di scattare solo per il suo analista .. chi pubblica si copre di diverse maschere che impediscono di sapere la vera persona che ha scattato.

scusa la mia riposta nel mio italiano ma essendo su fc italia ho voluto fare lo sforzo per rispondere cosi e spero che mi capirai...ti ringrazio cmq di questo argomento molto interessante al quale ho risposto in modo breve e molto spontaneo, la psicologia non essendo la mia formazione e scusami ancora se ti ho detto cose che ti sembrano ridicole . buona sera con amicizia claudine
Marina Visvi Marina Visvi Messaggio 5 di 7
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Grazie Claudine, trovo la tua risposta, le tue domande e dubbi molto interessanti. Molto bella è stata la tua associazione tra Fotografia e Sand Play Terapy studiata da Dora Kalff. In effetti, sto lavorando su questo aspetto cercando di vedere come il mirino di una macchina fotografica possa essere equiparato alla sabbiera ovvero, come un fotografo dispone gli oggetti all'interno di essa.
Psicologia e fotografia sono un binomio perfetto tanto che la Gestalt si è sempre occupata di come il cervello umano aggiusti le forme e quindi come da una parte si possa creare un tutto che abbia una giusta forma.
claudine capello claudine capello   Messaggio 6 di 7
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grazie della risposta cara e ancora complimenti per la tua ricerca.
forse sarebbe interessante per te di studiare le foto di editor' s choice che si definisco foto vere.....Ci servirebbe a tutti capire perche piacciono a cosi pochi ... Forse l errore del sito è di volere mescolare artista , pro e dilettanti che hanno un solo punto comune, la passione della foto...ma non le stesse competenze ne interessi , ne sensibilità?
L idea di una community essendo di unire non di dividere ,mi chiedo perche c è tra di loro un muro più spesso di quello di berlino! e m interesserebbe avere il tuo punto di vista di psicologa ....io come professoressa non avrei mai chiesto a uno allievo delle scuole medie di darmi compiti di studenti di università ma per chi s impegna si cerca a incoraggiarlo magari con un voto buono o una critica positiva... che ti fa prendere conoscenza dei tuoi limiti ma non t impediscono di avere gioia a fare foto ...che in se stessa è una grande terapia per lo spirito e..... il fisico ( se cerchi a conquistare una foto non a crearla sul pc) !
tanti cari saluti e buona giornata cl
Marina Visvi Marina Visvi Messaggio 7 di 7
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Comprendo la tua perplessità che in fondo è anche la mia. Una community è quello di unire più persone ma a volte questo unire in realtà è più un dividere. Per me, la fotografia è un hobby e spesso mi scontro con persone che invece sono professioniste e che quindi fotografano in maniera impeccabile. Come bene sostiene tu farei due o più canali dove possono postare foto persone con competenze differenti. L'amatoriale imparerà guardando le foto dei professionisti e di rimando i professionisti potrebbero commentare e volte consigliare i non professionisti. Per fare questo però cara Claudine ci vuole maturità da ambo le parti.Per quanto riguarda il modo di fare critica sono perfettamente d'accordo con te. Una critica ben fatta è costruttiva ed aiuta a crescere mentre se è puro attacco personale può bloccare ed inibire. Altro discorso merita la creazione di una foto al pc perché qui io parlerei di IMMAGINE non di foto che è tutt'altra cosa. La foto è bella quando è fotografia, quando riprende il reale, quando si gioca con la luce, le ombre, le profondità di campo e quando il gioco si fa attraverso il corpo macchina e l'ottica. Sono d'accordo per l'aggiustamento in camera oscura ma non sulla creazione della foto al pc perché, ripeto quella è immagine e non foto.
Un caro saluto e grazie per la pazienza con la quale rispondi in italiano.
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