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Il mistero del clan degli scalpati

Il mistero del clan degli scalpati

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Geo Portaluppi


Free Account, Vigevano

Il mistero del clan degli scalpati

Correvano delle voci. Delle gran brutte voci, al pari di quelle che si sussurrano per un cimitero senza croci. In una cittadina di mare il cui nome dirvi non so, al di là di Ventimiglia e con un castelluccio rococò, era arrivata una imbarcazione con bizzarri personaggi a bordo. Erano quasi tutti calvi o con i capelli tagliati a zero e gli abitanti di quella cittadina, impressionati davvero, li avevano battezzati “Il clan degli scalpati”. Non si comportavano da turisti ed erano fuori stagione, e questo aveva suscitato molta suspicione. Si vociferò di bisca clandestina, chi ipotizzò addirittura spaccio di cocaina. Fui chiamato dal mio amico, l’ispettore Tony Manfredda, che mi mise al corrente dei fatti o di quelli che la cittadina riteneva fossero dei fatti.
Di concreto c’era assai poco. L’unico vero elemento era la testimonianza del sergente Spinetta, che era riuscito ad avvicinarsi al gruppetto dei sospetti e lanciare una sbirciatina in una loro borsa intravedendo dei gettoni da gioco, delle fiche.
Sull’occhio clinico del sergente Spinetta si poteva stare tranquilli, quindi non era solo fumo, un po’ d’arrosto c’era, ma non capivo ancora le intenzioni dell’amico ispettore.
« Quando ci sono segnalazioni dobbiamo indagare. Il sospetto che costoro siano dediti al gioco d’azzardo è fondato. A una partitella tra amici può seguire una bisca, con afflusso di parecchia gente indesiderata. È un paese tranquillo e la gente si mette subito in stato d’allerta. Se faccio finta di niente e poi accade qualcosa mi ritrovo in un mucchio di guai. »
« Bene. Però non capisco cosa c’entro in questa storia. »
« Non abbiamo nulla di tangibile! Per agire ho bisogno di uno straccio di prova. L’altro giorno hanno chiesto il servizio di buffet a bordo. Un cuoco si recherà da loro per preparare degli stuzzichini. So che ti diletti a confezionare sfizioserie alimentari. E poi hai la faccia da cuoco. »
« Non ho la faccia da cuoco! » mi ribellai.
« Sì che l’hai. Assomigli proprio a un cuoco… » rincarò la dose Manfredda.
« Non direi. Al massimo a un sommelier. » stavo perdendo terreno.
« Vada per il sommelier. Mi fai questo favore? È semplice: sali a bordo, dai una occhiata e poi ritorni e riferisci. Facile come bere un bicchiere d’acqua. »
Quest’ultima frase è sempre stata foriera di orripilanti sciagure. Tuttavia accettai e una lancia mi portò a bordo con l’occorrente per preparare uno spuntino sostanzioso a un reggimento di ussari (cavalli compresi).
Mi installai in cambusa. Sarebbero tornati a prelevarmi dopo tre ore. Trafficai con le cibarie. Ogni tanto qualcuno transitava per la cucina, mi dava una veloce sbirciata, prendeva una birra e poi ritornava a impicciarsi dei fattacci suoi. Nella prima ora non accadde nulla. In genere gli scalpati gironzolavano sul ponte fingendo di contare quante onde andavano a sbattere contro la fiancata della nave e quante la schivavano. Uno venne e prese i primi vassoi. Gli altri, mi disse, dovevano essere pronti prima della mia partenza. A poco a poco iniziarono a sparire, poi riapparivano, per ritornare subito dopo sottocoperta. Passò un’altra oretta. Ecco, adesso non c’era più nessuno sul ponte. Lasciai passare altri venti minuti, per prudenza. Come novello dottor Jeckill che si muta in mister Hyde, la parvenza di cuoco s’andava sciogliendo come burro al sole mettendo a nudo una subdola natura da Mata Hari, in versione maschile, s’intende. Come un fantasmino lasciai la cambusa e raggiunsi il salottino. Incollai il padiglione auricolare alla porta. Sentii un tintinnio di gettoni: ahi, ahi, ahi, signora Longari, come diceva Mike Bongiorno quando gli servivano la bistecca senza contorno. La porta era chiusa a chiave ma non c’è mai stata barba di serratura capace d’arrestare un falso cuoco travestito da sommelier con l’animo da Mata Hari. L’avrei aperta anche con un fil di ferro ma il previdente Antonio Manfredda mi aveva dato degli splendidi grimaldelli: clic clac e fui dentro al salottino, scostando il battente dell’uscio solo per lo stretto necessario, e sgusciando, quatto come un gatto, dietro a una panca di legno. L’operazione richiese meno di un singhiozzo e nessuno dei presenti s’accorse che se prima erano in sei a ballare l’Hully Gully, ora erano in sette, però con un ballerino sotto al tavolo. Prima di ritornare a riferire volevo essere ben certo di ciò che avevo scoperto. Avevo inteso inequivocabili frasi del tipo: « Tocca a te! » « Pesca una carta » « Miseria ladra, che jella maledetta! » e l’inconfondibile ticchettio di carte plastificate che venivano, di taglio, picchiettate sul legno, ciò non di meno c’era qualcosa che non quadrava, l’atmosfera non era quella giusta, anche se c’erano sei giocatori, il numero classico per il pocker o per la telesina. Dovevo vedere, sentire non era sufficiente. Correndo il rischio di essere scoperto, iniziai ad alzarmi sporgendo il capo al di sopra del tavolo. Il bordo della panca mi impediva di vedere cosa stessero facendo. Dovevo sporgermi di più. Eh, ma non vedevo ancora niente, la spalliera della panca era troppo alta, mi pareva d’essere la famosa capra che sotto la panca crepa… Mi alzai ancora un pochetto. Vidi carte da gioco, e poi baluginare gettoni tondi e quadrati di vario colore: ci siamo, pensai, stanno puntando: piatto ricco mi ci ficco, io, in qualità di cuoco, nel piatto non potevo mancare… mi sollevai ancora un cicinino… Due enormi occhi blu mi scrutarono, sbarrati per la sorpresa… accidenti, m’avevano scoperto, e beh, gli ero finito quasi in braccio:
« Cucù – feci – vi ho portato del bicarbonato, per i bruciori di stomaco… dopo tante salsine… »
Era inutile che stessi mezzo nascosto e mi rizzai in tutta la statura, non molta a dire il vero. I sei erano come congelati, avrei potuto servirli come dessert, o come sorbetti tra una portata e l’altra.
« Ma… tu chi sei? » riuscì a balbettare il primo degli scalpati che si riprese dalla sorpresa, e che in seguito scoprii che si chiamava Boris.
« Il cuoco… » risposi candido.
« Ti manda la polizia? » chiese un altro degli scalpati di nome Arrigo.
« In un certo senso… » convenni, ormai giocavo a carte scoperte anche perché avevo appena scoperto che non stavano giocando a pocker, o a un altro gioco d’azzardo, bensì… alle pulci.
Sì, il vecchio gioco delle pulci che aveva strapopolato negli anni Cinquanta, anche se questo che avevo davanti agli occhi era una nuova versione. Mi spiegarono che si chiamava Micro Mutants Evolution ed era formato da sei tipi di pulci: gli Usarthropodi (americani), i Sovietopteri (sovietici), i Flyborg (alieni), i Chitiniani (alieni), e gli ultimi due eserciti, appena arrivati, i Bifidi (piante) e i Samuracnidi (giapponesi). Ma la spiegazione non continuò oltre perché arrivò la lancia che mi avrebbe riportato a terra. Congedandomi chiesi soltanto: « Perché fare tanti misteri per giocare alle pulci? » « Siamo tutti grandi, grossi e vaccinati e un poco ci vergogniamo. In altri paesi si fanno tornei per questo gioco, ma in Italia è considerato per bambini. »
In effetti loro non avevano fatto proprio nulla di male, è la gente che è sempre pronta, indotta da paure e da fisime, a pensare male del prossimo. Capivo il comportamento degli scalpati.
« Cosa dirai alla polizia? »
«Oh, qualcosa inventerò, state tranquilli, il vostro segreto di pulci… nella è al sicuro.» E me ne andai con quell’ultima battutaccia alla quale non avevo saputo resistere.
« Allora, cosa hai scoperto? » mi chiese Manfredda.
« Falso allarme. – risposi prontamente – nessun gioco d’azzardo. »
« Sì, ma cosa fanno? Perché sono tutti pelati? » incalzò lui.
« Boh, sono dei buddisti. Sono in ritiro religioso. Si rintanano in barca per meditare in pace. »
« Sicuro? – Manfredda non l’aveva bevuta. – Mettiamola così. Se facessero qualcosa di illegale me lo diresti, non è vero? »
« Se facessero qualcosa di illegale te lo direi. Ma non fanno nulla di illegale. »
E il discorso finì lì e me ne tornai a casa.
Quando infilai la chiave nella toppa il telefono stava squillando da un po’. Corsi al ricevitore e alzai la cornetta: era Manfredda.
« Ah, sai, è stata confermata la tua versione. Hanno avuto un guasto al motore e così Spinetta, fingendosi meccanico, è salito a bordo e ha constatato che sono in ritiro spirituale. Proprio come hai detto tu. Ciao. » e riattaccò.
E no, Spinetta non poteva avere trovato a bordo quello che non c’era. Sentii puzza di bruciato anche se il ferro da stiro era staccato. Girai sui talloni e mi rimisi in viaggio per tornare in quella cittadina di mare. Noleggiai un gommone e raggiunsi la fiancata dell’imbarcazione. Arrivai alle prime ombre della sera, e m’aspettavo di trovare tempesta e un pizzico di bufera. Trovai invece una lancia attraccata e sopra a essa pendeva una scaletta di corda: qualcuno mi aveva preceduto, e non era la polizia! Il mistero degli scalpati, invece di diradarsi, si infittiva. M’arrampicai in silenzio. Raggiunsi il corridoio centrale sottocoperta e in breve fui davanti al salottino senza incontrare intoppi. Solito padiglione auricolare a ventosa incollato alla porta. Tra le varie voci distinsi quella di Spinetta: me lo ero aspettato. Però ignoravo cosa covasse il baldo agente di polizia. Aprii l’uscio per venire da una oscura verità illuminato. Attorno al tavolo da gioco c’erano non sei ma dieci persone.
« Salve carissimi, - esordii deciso a mantenere l’iniziativa – non scomodatevi per la presentazione, conosco quasi tutti.
« Sia chiaro che sono qui non in veste ufficiale! » esclamò subito Spinetta.
« Muy claro… - convenni – però due parole di spiegazione credo mi siano dovute… »
Stabilimmo che erano dovute. Venni a sapere che la persona che sedeva al fianco di Spinetta era suo cognato, che aveva una pizzeria, mentre i due nuovi personaggi davanti a loro erano il presidente di un circolo ricreativo e il gestore del bar. Il sergente Spinetta, che non era uno sciocco, aveva scoperto il segreto degli scalpati, però in lui aveva prevalso l’animo commerciale e allora confermò la mia versione per avere campo libero per mostrare al pizzaiolo e ai due del circolo il gioco delle pulci che tanto appassionava gli scalpati: sia il cognato e sia il gestore del bar intendevano proporli, magari come cadeau, ai propri clienti.
« Non c’è niente di male in quello che ho fatto? - si informò Spinetta - Non lo dirà all’ispettore? »
« No, certo. » risposi a entrambe le domande.
Solo allora ricordai quanto mi avesse entusiasmato il gioco delle pulci da bambino. Questa nuova versione sembrava davvero divertente, con tante fantasiose varianti e le pulci disegnate da alieni. L’avere trovato dei membri di un circolo ricreativo mi aveva poi suggerito l’idea di proporre quel gioco a un circolo nelle Marche, qualora i prodi Cavalieri della Tavola Rotonda, in memoria dei loro anni verdi, volessero riprendersi una rivincita facendo… le pulci ai giovani ciclisti pesaresi (vedi da Enrico MANNA la foto “Cari vecchi cavalieri della Tavola Rotonda).
« Bene, fate spazio che arrivo anch’io. – esultai – Prenoto le pulci aliene! »
« Tu, con quella faccia da cuoco? » qualcuno si stupì.
« Proprio io! Infatti non s’ha da far reprimenda se gli alieni, come noi, mangiano a pranzo, a cena e financo a merenda. »

Commenti 22

  • Raimondo Motti 06/04/2009 16:40

    Caro Geo,
    io fi conosco per via di una frequentatione, messer Enrico della nobil Casata dei Manna, in territorio un tempo nomato Pisaurum a motivo d'un certo fiume ch'io immagino grandissimo e di pesci onusto...
    La tua loquela ti fa manifesto della magnanima razza di coloro che da tutti nomati sono "benefattori" inquantochè in questi tempi perigliosi e tristi senza di loro c'è poco da ridere...

    Sono felice di fare la tua conoscenza e spero tanto di essere accettato come tuo amico
    ray
    Epitaph
    Epitaph
    Raimondo Motti
  • Maurizio Zoldan 20/03/2009 23:00

    .. Solo un pazzo può essere amico del magno maestro patafisico, al secolo Rovellone... Che è anche mio fratello putativo , e per proprietà transitiva , quindi non posso esimermi dal riconoscerti... Ammiro l'immagine, ben elaborata, leggo , e mi diverto...
    MauZ
  • Vito Rollo 20/03/2009 16:01

    una foto molto bella e particolare
    hai creato un effetto che caratterizza maggiormente
    l'atmosfera
  • roberto manicardi 12/03/2009 22:27

    scusa se ti ho scoperto solamente adesso,
    sei fortissimo, mi piacciono sia le tue foto, che i tuoi racconti
    ciao roberto
  • federico ravaldini 20/02/2009 22:32

    Ciao ho riletto il tutto e mi tornato in mente che tempo fà ho conosciuto un collega dell'ispettore Tony Manfredda, certo commissario Te Beky dei servizi....prima o poi ti racconterò come e dove. Ciao FEDE
  • redfox-dream-art-photography 20/02/2009 4:40

    Wow, geniale!
    Fantastico !!!!

    +++++++++++++++

    ciao, redfox
  • federico ravaldini 19/02/2009 0:48

    Ciao sono venuto a vedere le tue foto perchè ne trovata qualcuna sulle foto degli amici e sono venuto a leggerti su segnalazione dell'amico Zappa. Devo dire che aveva perfettamente ragione, se pur a prima vista mi era venuto da pensare:"se te portet minga dree un tramezin te moeret de fam" , invece è stata una lettura veramente veramente piacevole,scorrevoleed intrigante. ciao farò una retrospettiva essendo appena arrivato.FEDE
  • Izabella Vegh 18/02/2009 20:06

    Un bellissimo racconto. Letteratura ed arte visiva sul piatto d'oro servito per noi. Grazie veramente. Corro vedere gli altri tue foto e racconti. Bravissimo!
  • Paolo Liguori 18/02/2009 18:40

    Sempre più intrigante nei tuoi lavori. ;-))
    Eccezionale Geo per lo scatto, il post e il racconto.
    Un caro saluto, Paolo
  • agnese52 17/02/2009 13:46

    scrivi molto bene, i tuoi raccontini sono un momento importante di questo sito.
    e poi............le pulci, mi hai fatto venire una nostalgia, chissà se le vendono ancora, appena andrò a far spese al supermercato le cercherò.
    continua a regalarci questi attimi di serentità e allegria.
    buona giornata
    agnese
  • Roberto Tagliani 15/02/2009 22:58

    Ho aspettato a commentarla per potermela "godere" con calma....
    La foto è un documento. Nel senso che potrebbe davvero essere la copertina del "giallo del mese" Mondadori
    Il racconto invece è ....Spettacolare.
    Suspance, tempi, accuratezza descrittiva, mai banale ....
    Insomma, un'altra perla alla tua collana....
    Grande GEO !!!!!!!!!!!
  • Paolo Zappa 13/02/2009 20:56

    Beh, Geo, finalmente ho trovato il temopo necessario per leggere questa tua nuova avventura, e......ne valeva veramente la pena!!!! Nei tuoi racconti riesci sempre a creare una certa "suspence", che in questo caso, arriva sino al finale!!!! Spero che tu stia raccogliendo tutto, e che, prima o poi, pubblicherai un volumetto, che noi di FC acquisteremmo subito!!!!! Ciao, buona serata, Paolo.
  • Marialbi 13/02/2009 18:06

    sempre unico geo,
    sono un pò in ritardo...ho atteso il momento giusto per gustarmi il tuo ennesimo racconto...
    fantastico!!!
    ciao
    maryte
  • Bodil Hegnby Larsen 12/02/2009 10:55

    Un nuova chicca di Geo!! Anche a me piaceva molto il gioco delle pulci una volta... ma l'ipotesi di un gruppo di buddisti che giocano a pulci la trovo esilerante.
    Ottima rappresentazione della storia dei pelati :-))
    ciaooo
  • Francesco Montingelli 12/02/2009 0:59

    bellissima didascalia, bellissima storia.