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Mario Ughi


Free Account, Livorno

Next stop

Viaggio veloce su treni sempre nuovi e scintillanti, i quali sfoggiano una grande velocità di accelerazione e una impressionante capacità di frenata, e in fondo quest’ultimo è l’aspetto che più mi interessa: nel dubbio, nel pericolo e nell’incertezza, saper frenare al momento giusto è sempre molto importante.
Sfrecciando lungo tunnel e sottopassaggi esploro luoghi e spazi, scalando montagne e discendendo verso pianure, costeggiando fiumi lenti o impetuosi, a volte dirigendomi incontro all’alba, altre invece in cerca di un tramonto; però mi fermo sempre nelle solite stazioni.
Sono luoghi che ormai soltanto io frequento, desueti, sconosciuti al mondo, abbandonati lungo un’asse di tempo trascorso e non dimenticato. Mentre il treno si ferma con un leggero sospiro, io inizio il conteggio dei vetri infranti che mai verranno sostituiti, calcolo la quantità delle crepe che reticolano le mura sbranate, cadenti. Le ferite dei giorni, incise e portate a nuova carne dal tempo che inesorabile scorre veloce più del mio treno, dal quale raramente scendo. Troppo dissestati i pavimenti, costellati da mucchi di detriti anche pericolosi forse rifugio di serpenti. Potrebbe crollare il soffitto in un solo istante, ed io non voglio farmi cogliere di sorpresa.
In effetti, spesso mi domando come possano ancora resistere in piedi, quantunque in precario equilibrio, questi luoghi abbandonati.
Dopo un certo tempo, riparto, sapendo che a breve sosterò in una stazione simile, sempre simile, anche quando completamente diversa.
Il mio treno vorrebbe correre su binari che conducano lontano, volando lungo la rotta dell’orient-express, verso Istanbul, i colori, gli odori. I sapori. Senza sapere se alle spalle si lascia un’alba, o un tramonto. Questo sentimento, pulsa nei pistoni del motore che io controllo e tengo a freno, perché ancora, temo, non sono pronto a conoscere e a valutare il costo del biglietto.

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