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Mostra online Pollaci-Portaluppi "Immagini e storie" - 4. Villafrati I

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Don Vincenzo Spuches, giudice di Gran Corte e barone di Amorosa, nell’asta che si tenne nel Palazzo Steri a Palermo il 15 giugno 1596 si aggiudicò il feudo di Mendoli e la Masseria di Villafrati e, all’ombra di questi nuovi possedimenti iniziò a vagheggiare la nascita di un nuovo villaggio al quale la Licentia populandi, emessa lì per lì dalla Regia Corte, aveva attribuito il nome di Chiarastella. Il paese però non vide la luce nel corso della vita di don Vincenzo Spuches, al quale era subentrato il nipote, figlio di Francesca andata in sposa a don Pietro Filangeri. Al nipote Vincenzo successe il figlio Vincenzo Giuseppe Filangeri Lanza che ottenne l’investitura della baronia il 31 ottobre 1624. Nel 1643 ottenne anche il titolo di principe di Mirto. Come si suol dire, ogni barone ha la testa sua, e gli eredi di don Vincenzo Spuches non erano interessati alla masseria di Villafrati in quanto gli obiettivi della famiglia Filangeri erano maggiormente attratti nel messinese, e precisamente verso la baronia di Mirto, possedimento al quale vennero destinate parte delle risorse della Masseria di Villafrati e del feudo di Mendoli. E una ulteriore cospicua fetta delle ricchezze proveniente dalle due su citate proprietà confluì ad abbellire lo storico Palazzo Mirto a Palermo. E così, con la sottrazione di risorse a Villafrati, il futuro paese di Chiarastella, invece di marciare verso la sua realizzazione con la costruzione di case per i contadini, andava sempre più sprofondando nel mondo dei sogni irrealizzabili.
Tuttavia qualche soldarello (onza) per il Baglio, dalla cui terrazza la foto ci mostra la panoramica su Villafrati, venne speso, per fortificarlo in quanto sempre più minacciosi s’aggiravano nei paraggi i briganti. Quindi nella fase iniziale solo la fortezza del Balio si ampliò, mentre nessun incremento edilizio era registrabile per la masseria di Villafrati o per l’eventuale futuro paese denominato sulla carta Chiarastella. Ma, indipendentemente dalla ubicazione, in quanto Villafrati e la futura Chiarastella distano tra loro tre o quattro chilometri, questo paese aveva assoluto bisogno di nascere., Lo imponevano le misere condizioni in cui viveva la gente e ancora di più era richiesto dagli sbandati delle zone circostanti, come i parenti o conoscenti dei coloni già stanziati, oppure da coloro che giungevano in loco sull’onda di un flusso migratorio casuale, da Caltagirone, da Val di Noto, da Ristretta, da Val di Mazzara, solo per citare alcune località, oppure ancora da quelli che erano sul piede di partenza avendo beghe con la giustizia, e la maggior parte di questi premeva dalla vicina Ciminna, il posto chiamato umoristicamente il paese dei marpioni, o infine da chi semplicemente cercava una nuova dimora. La richiesta da parte del popolo quindi c’era, però non era sufficientemente numerosa da ottemperare alla necessaria condizione richiesta per il sorgere di un nuovo paese, ovvero la presenza in loco di ottanta vassalli che avrebbero consentito al barone di turno di acquisire una poltrona in parlamento. In sintesi non si raggiungeva un numero adeguato per iniziare i lavori di costruzione perché c’erano in partenza pochi abitanti: era un cane che inutilmente tentava di mordersi la coda! Per uscire dallo stallo ricorsero alla antica saggezza araba che recita: « Se la montagna, come è sua abitudine, non va da Maometto, allora tocca al più debole, con i suoi propri pedibus calcantibus, raggiungere la cima del monte dove sorge la terrazza del Balio con in tasca una idonea soluzione. A fianco della originaria masseria, vale a dire una fattoria, era sorto un bottegone per lo spaccio dei generi alimentari di prima necessità e forse erano state erette anche altre piccole botteghe di artigiani, fabbri, muratori, eccetera. In questo bottegone, più propriamente un “fondaco”, gli ingegnosi contadini un dì allestirono una stazione di posta, in grado di fornire il cambio dei cavalli necessario ai corrieri che ogni martedì notte dovevano portare da Palermo alla città di Noto e ai vari ufficiali della zona, dispacci e documenti emessi dal tribunale e dai vari ministeri. Similmente alla trama del film “L’uomo del giorno dopo” (1997), dove Kevin Costner, un poco credibile postino, mediante la reintroduzione del servizio postale, crea le condizioni per la rinascita degli Stati Uniti d’America, in modo analogo qui in Sicilia la realizzazione di una rudimentale stazione di posta creò le premesse per la edificazione di Villafrati, paese che quindi non sorse per volontà o concessione delle autorità, perché in questo caso ci sarebbe un documento riportante una precisa data, ma per l’intraprendente iniziativa della gente del posto.

© foto Carlo Pollaci - © testo Geo Portaluppi

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