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Fabio Panichi


Free Account, Teramo

miserere

cammino caplestando la melma della sconfitta
il freddo di un sogno spento si infrange sul volto contratto
e le lacrime nere di disprezzo si asciugano
trasportate via dall'alito caldo e appiccicoso della vita.
Mi stringo sulle spalle il mantello di una speranza
una speranza che sa di lana, che sa di luce
di un fiore rosso in mezzo alla neve
le spire mi avvolgono come le illusioni
che ti stringono le membra
ti graffiano il cuore
te lo strappano via e se lo portano via
nei loro mondi fatti di pianto
nei loro mondi fatti di nulla
nei loro mondi che non sono fatti
non sono vivi, non si toccano
ma si provano, si assaporano e il sangue
di una lingua morsa sul viale
dell'imprecazione scivola giù
e intorbidisce la fonte del sorriso
di quel gesto così semplice e
terribilmente delicato come
un prato di cristallo dove
la corsa è frenata dalla paura
dall'insicurezza
di fracassare gli steli dei ricordi
di inciampare sull' "io sarò"
di sprofondare nell' "io sono"
di ruzzolare nell' "io ero"
e sfregiarsi la pelle, scriversi addosso
con le punte splendenti e affilate
tutti i sentimenti rinchiusi nella
botte dell'ostinazione derisa
la botte che rotola a valle
e lì dentro
nel buio che risuona di chiodi divelti
l'anima ruggisce
e sputando la terra
urla

pietà

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