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La lancia del Re

Premio Nazionale di Teatro Luigi Pirandello 2008
Menzione speciale

Titolo: La lancia del Re

Prima scena
Re:

Saldassea:

Re:

Saldassea:

Re:

Saldassea: …

Seconda scena
Negli ultimi tempi i preparativi dell’imminente matrimonio con Saldassea la figlia di Nibus, Re delle contee del Nord, mi provocano strane sensazioni di soffocamento come se qualcuno stesse tramando alle mie spalle. È notte fonda, per alleggerire la tensione esco dalla residenza della futura consorte ove, in questi giorni, sono gradito ospite e arrivo, dopo aver attraversato il ponte levatoio il più velocemente possibile, al confine che delimita le mura di cinta della fortezza dai prati circostanti. La corsa mi sfianca a tal punto che, per il dolore della milza e dell’affanno, mi piego in due su me stesso. In certe condizioni è difficile cercare di annusare qualcosa, eppure inspiegabilmente inizio a farlo. Sotto il riverbero lunare appaiono le tombe di un cimitero, lo oltrepasso e seguo il sentiero che si snoda su per la collina. Come lo zucchero che si scioglie nell’acqua, la nebbia pian piano si dissolve nell’aria. Ai margini del viottolo, pezzi di arbusti che sembrano artigli di maghi dilaniati dall’umidità, fanno da cornice ad un rigagnolo di acqua sorgiva che conduce ad un piccolo stagno. All’orizzonte c’è un grande albero nudo di foglie e bruciato dal vento, dai rami pendono ventate di ramoscelli secchi che sembrano colpi di tosse. Respiro forte, tracanno un sorso di whisky mentre il cervello per non pensare prende a contare le croci di legno delle bare che mi sono lasciato alle spalle. D’improvviso il tempo si ferma e mi tornano in mente le parole di una maga venuta dal nulla, una notte mentre da solo, dal bastione più alto, osservavo la pianura sottostante…

Maga: …
Terza scena
Sono seduto sotto ad una quercia, due pini di grandi dimensioni posti ai lati dello scranno sembrano volermi proteggere. La presenza dei più alti gradi militari rendeva evidente la gravità della situazione. Per l’occasione indosso abiti regali e sul capo spicca la corona…

Re:

Davanti alle espressioni sorprese dei convocati proseguii…

Re:

Il primo a parlare, Giona, divenuto generale per le individuali capacità militari e non grazie ai continui intrighi di palazzo, pensò che un pò di frutta e qualche cinghiale non sarebbero bastati a giustificare la morte di tanti uomini, ci doveva essere un'altra ragione.
Il secondo, Pidia, pensò che l’occasione era buona per conquistare le donne che fossero dame o cameriere giacché da buon nobile vedeva la guerra come un fastidioso passatempo.
Il terzo, Braida, rimase imperturbabile come una statua di marmo, di nobili origini era un condottiero nel profondo dell’animo, la guerra era un dovere nei confronti del re e della patria, non gli interessava la gloria da salotto e considerava se stesso e i suoi uomini alla stregua di una possente macchina da combattimento. Mi bastò un semplice gesto ed i presenti con riluttanza lasciarono la sala del consiglio. Rivolgendomi al gran sacerdote, rimasto in piedi accanto a me, pronunciai si dette parole…

Re:

Egli allargò le braccia e alzando lo sguardo declamò ad alta voce dei versi… una risata grassa echeggiò nell’aria… sapevamo entrambi che apparteneva alla maga…

Ashes:

Mentre lo ascoltavo mi chiesi come mai un uomo con una così spiccata intelligenza non avesse mai pensato di prendere il mio posto…

Quarta scena
La guerra è persa, sono uno dei pochi superstiti, l’assedio alla fortezza di Teli è durato mesi, tra poco proprio dopo la collina vedrò le guglie della fortezza e finalmente potrò riabbracciare mia moglie. Prendo una discesa che arriva di fronte ad un vecchio torrione sgretolato dal tempo di cui non ricordavo l’esistenza. Piccole finestre, come denti neri, attendono di essere spalancate, i battenti sono rugginosi e sporchi. Il portone d’entrata è socchiuso. Stranamente il luogo mi è familiare. Attraverso il cortile e dalle profonde crepe del muro vedo uno specchio rotto, riflette una fioca luce rossa che ondeggia sui muri impregnati di muffa. C’è una sedia a dondolo che ospita una donna giovane, vestita da sposa, la riconosco… è la regina mia moglie… sul petto ha una rosa di sangue, una lancia le ha trapassato il costato. Lo spettacolo è macabro, il tanfo di carne putrida è insopportabile… un conato di vomito sale su per la gola.
Torno indietro, sello un cavallo e lo sprono verso il cimitero, tre croci spiccano sulle altre… sono quelle dei miei generali… un’ombra scura si staglia sul cancello d’entrata… una risata grassa che riconosco echeggia nell’aria…

Quinta scena
Mi sveglio con le vesti madide di sudore, è stato solo un brutto sogno, dalla finestra aperta entrano le luci dei fuochi d'artificio della festa patronale mi giro nel letto chissà quale altra avventura onirica mi riserverà il futuro.





In fede l’autore Anna Maria Gaglioli

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