antonio contiero


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Su di me

Presentazione alla mostra di Toni Contiero - A ciascuno il suo

Luigi Ghirri – Fotografo





Il Fare le Cose




In un suo celebre racconto Honorè De Balzac racconta di un pittore, che crede di avere dipinto il suo capolavoro, e mostra al visitatore del suo atelier, una tela che rappresenta uno sterminato numero di segni indecifrabili, un inestricabile groviglio di linee e forme sconclusionate, ma dove nell’angolo destro appare dipinto in maniera perfetta, un piede; delineato e rappresentato con una perizia ed una maestria ineguagliabile. E questa assoluta perfezione appare ancora più meravigliosamente efficace se paragonata all’incerto caotico sfondo del dipinto. Il lavoro di Toni Contiero, pur nella profonda diversità, mi ricorda un po’ questo racconto; forse perché anche nelle sue fotografie gli oggetti sembrano affiorare miracolosamente da un mondo dove il groviglio degli oggetti stessi e delle cose sembrano sommergere tutta la nostra vita quotidiana e le nostre percezioni. Come per incanto gli oggetti riappaiono nella loro unicità, lontani da serialità confusionarie, e da una osservazione distratta che generalmente applichiamo alla merce ed ai prodotti; sembra che noi di nuovo prestiamo ad un oggetto una attenzione affettuosa, uno sguardo che cerca di leggerlo in profondità. In questo modo di guardare e mostrare le cose, Toni Contiero, costruisce un suo linguaggio preciso, fatto di piccoli spostamenti progressivi, quasi una “sfuocatura a fuoco”, che assomiglia allo sguardo che si avvicina sempre più alle cose per cercare di carpirne un misterioso segreto. Il suo, sembra quasi un modo di costruire gli oggetti più che rappresentarli, tanto che il suo processo di avvicinamento progressivo tramite fotogrammi, stampa, copia, fotocopia, intervento manuale, poi fotocopia e quindi ancora fotocopia, riproduzione ecc. diventano sia i passaggi di un certo modo di guardare il mondo, ma anche quello di “fare le cose”.
Affiorano così da un bujo silenzioso i frammenti del mondo, quasi fossero reperti di un’archeologia del presente per riconsegnarli al nostro sgaurdo. E’ così quello di Toni Contiero che apparentemente sembra un lavoro sulla velocità e sull’immagine di consumo (per l’uso di strumenti come Rank Xerox, Polaroid, ecc.) diventa invece una lenta progressiva opera di scavo che permette di ritrovare gli oggetti dispersi, ormai spariti, e resi invisibili ai nostri sguardi dalla sterminata proliferazione degli stessi. Ma il lavoro di Contiero non si ferma a questa operazione di “archeologia”, ma è anche molto di più; lo si puù vedere ad esempio, dai ritratti presentati in questa mostra; anche i volti o i particolari di questa sembrano riprendere di nuovo una vitalità ed un fascino perduto, come il passaggio da una descrizione, alla decifrazione di un volto; più la percezione che non la semplice restituzione dell’enigma. Forse nell’insieme a determinare tutto questo è l’uso molto poetico e sapiente degli interventi manuali e fotomeccanici combinati, o forse è questa specie di avvicinamento ed allontanamento che avviene contemporaneamente nelle sue immagini, ma alla fine quello che rimane è una grande forma di fascinazione e curiosità, perché sembrano incrociarsi i colori e le tonalità delle ricerche estetiche più recenti, combinate con i ricordi dello stupefacente puntinismo cromatico degli albori della fotografia a colori. E allora diventa interessante tutto il percorso di Toni Contiero, che non è semplice assemblaggio di tecniche e materiali diversi, che inutilmente ridurrebbero le sue opere a squisite texture, né aree di contaminazioni ed interferenze, ma riguardano la stratificazione più profonda dell’immagine e della percezione, che accompagnano da sempre
“il fare delle cose”.

Commenti 1

  • Ngone 31/12/2013 14:01

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