... Antonio Rolandi

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lucy franco lucy franco   Messaggio 1 di 17
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Lo si nota subito per quell’ingrediente costante nelle sue immagini , mai troppo appariscente, mai troppo manifesto, spesso sottile e ammiccante: l’ironia.

Successivamente si coglie il suo sguardo lucido sulla realtà, la sua intelligenza a osservare oltre l’apparenza visibile, a tradurre la quotidianità in quadri parlanti , come in un teatro di posa d’altri tempi.

Dice: "Però... S'industriavano, eh?!" Dice: "Però... S'… antonio rolandi 09.07.12 10


Carlino's Way Carlino's Way antonio rolandi 30.05.12 6


Lo dirò a tutto il mondo Lo dirò a tutto i… antonio rolandi 23.05.12 7


Genova, Costa Crociere, sede Genova, Costa Cro… antonio rolandi 11.03.12 6


antonio rolandi si presta a questo nostro dialogo con una cortesia che gli è naturale, tra confidenze e riflessioni.
lucy franco lucy franco   Messaggio 2 di 17
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D - La tua galleria ha delle caratteristiche ben riconoscibili per chi la osserva. Ironia e passione per l’analogico, per la “produzione totale”dallo scatto alla stampa delle tue fotografie.

Test b/n perchè c'era un bel cielo e non avevo il filtro rosso Test b/n perchè c… antonio rolandi 06.05.12 9


Manipolazione dei capelli Manipolazione dei… antonio rolandi 25.01.12 5


A spasso con Diana A spasso con Dian… antonio rolandi 23.12.11 10


Hasselbladgio: assonanze e similitudini Hasselbladgio: as… antonio rolandi 30.12.11 4


Ma prima di tutto, che parte ha la fotografia nella tua vita? Da dove nasce l’attenzione per l’analogico?

R - La fotografia nella mia vita è la stampella della realtà. Da un lato mi aiuta a non dimenticare; dall'altro a identificare, fissare e tramandare - proprio nel senso latino di tradunt - ciò che scorre davanti ai miei occhi e che può avere un significato universale. L'ironia serve a sdrammatizzare, è un continuo appello al "panta rei" di Eraclito. Quale altra forma di espressione umana è più adatta a rappresentare il concetto, se non la fotografia? Adesso è così, tra un istante è già divenire, magari solo perché la luce è cambiata di un milionesimo di grado kelvin. Tutti noi sappiano che prima e dopo ci sono altri attimi, egualmente irripetibili. Ma più o meno interessanti, ed è proprio questo il punto.
E' più semplice invece spiegare la mia "dipendenza" dall'analogico. La fotografia analogica è una legge umana, è la lingua italiana, precisa ma variabile. Il digitale è una scienza esatta, è il globish, un inglese bastardo che tutti capiscono nel mondo. Bastarda ma efficace, barbara e quindi rivoluzionaria. Ti pare poco? L'analogico è artigianato che tende all'arte. Il digitale è uno strumento poliedrico a disposizione
dell'arte, aiuta a trascendere dalla realtà, ma nel contempo è frutto di una combinazione di numeri.
L'analogico è "humanum est errare", il digitale è "sbaglia pure, ti perdonerò sempre". L'analogico prevede l'acqua santa, il digitale è il diavolo. Io sono laico, preferisco sbagliare senza soverchi sensi di colpa. Ma il peccato, ammetto, mi attira con la stessa noncuranza. Infine sì, l'analogico è un processo, dalla materia prima al prodotto finito, il digitale è un lampo: clic, fatto, poi puoi fare quel che ti pare, anche far sembrare una foto, figlia primigenia della pittura, una scultura.
lucy franco lucy franco   Messaggio 3 di 17
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D - Cosa c’è di davvero insostituibile nell’uso dell’analogico ?

R - Tu chiedi quindi che cosa c'è di insostituibile nell'analogico. Ebbene da un lato appunto la possibilità di sbagliare, dall'altro la grana: è la pasta di cui è fatta una fotografia, è l'argilla con cui noi vetero-fotografi componiamo un'immagine. Nel digitale si vede che l'argilla è di plastica, una volgare imitazione. Ma che meraviglia, com’è duttile.


D - Il gioco, i rimandi, il calembour : tra immagini e senso c’è una parte costituita quasi sempre da parole che supportano e viceversa trovano un appoggio nella immagine.

Errore di clonazione Errore di clonazi… antonio rolandi 23.02.12 5


Scala di grigi Scala di grigi antonio rolandi 13.03.12 15


Tree simulator Tree simulator antonio rolandi 08.02.12 5


Una bella prospettiva Una bella prospet… antonio rolandi 25.02.12 4


Sala lettura Sala lettura antonio rolandi 22.09.11 5

La fotografia come commistione tra queste due forme di comunicazione, è un “altro” rispetto alla fotografia “pura” ?

R - La fotografia per quel che mi riguarda è una parte per il tutto, si può scindere dalla parola, altrochè. Ma anche no: ad esempio proprio nei giorni scorsi ho visto una splendida immagine di un bravo fotografo che ritraeva rotoli di paglia su un campo dopo la mietitura. Foto davvero meritevole, scattata con il piglio del “fotografo aborigeno” che sa bene che cosa riprendere, che senso deve avere l’immagine, perché conosce il soggetto meglio di chiunque. Ma il titolo era "Campo di grano". Piuttosto chiamala "Esticazzi" visto che quella foto lascia davvero sbalorditi. "Esticazzi" o piuttosto niente: ecco quindi la “fotografia pura”, che si basta e non ha bisogno di parole, titoli o didascalie. E' rara, ma esiste e da sola serve più di mille parole, perché smuove emozioni, dice tutto quel che c'è da dire del prima e del dopo lo scatto. A volte racconta cose che a noi umani sono così note che l'immagine serve soltanto da motorino d'avviamento perché alla ricostruzione del prima e del dopo provvediamo da soli con la fantasia o con l'esperienza.
L'ironia, il calembour a me servono solo per disinnescare la realtà che, proprio come ogni foto spiega spietatamente, adesso è così e tra un attimo è già un passo più in là: quindi "era", semmai "sarà" e quindi è già preda di possibili manipolazioni, nel bene come nel male. Tanto vale considerarla per quello che è: passato e futuro variabile. E attraverso l'ironia sottolinearne l'assurdità o auspicarne una replica facilmente riconoscibile.
lucy franco lucy franco   Messaggio 4 di 17
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D - Professionalmente hai un incarico di responsabilità in un grande quotidiano nazionale. La cultura della parola ha ancora prevalenza sulla cultura della immagine e sul modo di lavorare dentro il sistema
dei media?

R - La cultura della parola non ha più la prevalenza su quella dell'immagine. Resistono tuttavia alcune isole dove l'illustrazione è superflua o non aggiungerebbe nulla, ma in altre isole è l'immagine a star lì da sola e a fare da link, se non da specchietto per le allodole, per decine di altre cose: testi, video, musica... Anche nel nostro sito accade, in altri addirittura clicchi la foto e si spalanca un mondo. Di solito nei grandi quotidiani si dedica attenzione scrupolosa al "condimento" degli articoli, soprattutto se si tratta di pezzi scritti da firme prestigiose: la selezione delle immagini è accurata e le scelte grafiche lo sono altrettanto. Questo accade in tutte le sezioni del quotidiano, dalla cronaca all'economia, dallo sport alla cultura: una pagina ben costruita graficamente e illustrata con belle immagini è più accattivante, invita alla lettura. Un'evoluzione innescata dalla televisione e ora accelerata da internet. Per forzare una sintesi, anche l'informazione su carta è diventata multimediale, per quanto possibile.
lucy franco lucy franco   Messaggio 5 di 17
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D - Il sistema della comunicazione è un sistema che tiene insieme allora, fotografie e parole. Musil avverte: non è l’uomo che insegue la verità, ma è la verità che insegue l’uomo. La fotografia è sempre ancorata ad una grande dose di ambiguità?

R - La fotografia nel giornalismo è necessariamente ancorata a un fondo di verità. Ma un evento di per sé neutro viene spesso visto da molte persone che lo percepiscono in modo diverso l'una dall'altra. E sempre più spesso tra chi assiste c’è qualcuno che non solo ha uno smartphone, ma lo usa pure d’istinto. Il fotografo interpreta quindi quella matrice di verità con la sua sensibilità e la sua professionalità (valore aggiunto rispetto agli altri osservatori) per sottoporla in modo univoco a diverse migliaia di altre persone,
le quali osservando l'immagine di quell'evento già tradotto, interpretato appunto, non avranno più tanta scelta. Un esempio per chiarire: incidente stradale. Posso fotografare le macchine accartocciate oppure un passeggero che piange appoggiato al guard rail con i rottami piccolissimi sullo sfondo. La prima è un documento magari utile anche alla polstrada, la seconda racconta la stessa vicenda, ma va a toccare altre corde, suscita emozioni. Le immagini del rottame fanno ragionare sulla dinamica dell'incidente e tendono a indurre stupore, paura; la foto del passeggero che piange vuole invece sollecitare commozione.
Ogni giorno devo scegliere decine di volte qual è la foto migliore per il servizio giornalistico che metto in pagina (o su internet): non è difficile, basta essere convinti che testi e immagini, cervello e cuore procedono di pari passo. Per tornare all'incidente: se devo illustrare un pezzo che ne racconta la dinamica sarebbe preferibile scegliere i rottami, mentre se devo illustrare il racconto dei superstiti scelgo l'altra immagine. E' la via più ovvia: ma se la seconda foto è molto bella può anche diventare l'immagine più importante della pagina indipendentemente dall'articolo che le sta accanto, meglio se altrettanto bello. Ma i limiti (anche i privilegi, sia chiaro) della carta restano tutti.
lucy franco lucy franco   Messaggio 6 di 17
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D - Ferdinando Scianna dice” io non credo che esista una etica del fotogiornalismo, esiste l’etica dell’uomo”. Un testimone cosa deve far vedere, e cosa no, secondo la tua esperienza di addetto ai lavori?

R-- Un testimone deve far vedere tutto il possibile secondo l'etica che lo guida: l'etica del fotogiornalismo non esiste, ma a volte l'etica del singolo fotogiornalista non coincide con quella umana, per limiti culturali personali oppure per scelte dissennate. Nella mia esperienza, devo dire, si tratta di casi rarissimi. E poi ci sono periodi in cui il limite imposto dall'etica si sposta un po' più in là, ma è perché i tempi cambiano. Questo ad esempio spiega trent'anni di mercimonio di tette e culi su tutti i media, fortunatamente con alcune illustri eccezioni che hanno addirittura tratto vantaggio dalla scelta su base etica.

D -- C'è una possibile influenza dell'etica del tuo lavoro nelle tue fotografie? Il tuo stile è scevro da manipolazioni, in nome della verità, della divulgazione del reale. Diventa quasi sfida, nelle tue fotografie analogiche, tra una tecnologia sempre più invasiva, e un lavoro amanuense, che rimane fedele al vero , per quello che questa definizione può significare, stante la infinita letteratura sul vero e sul verosimile nella fotografia.

R -- L'etica ha indubbiamente influenza, vuoi per deformazione professionale, vuoi per la linea editoriale del giornale per il quale scrivo (e fotografo): non me la sento di manipolare gli eventi, non ho mai provato a raccontare storie farlocche e men che meno a inventarmele. E quindi alla fine in fotografia mi ritrovo rigorosamente vincolato alla fedele rappresentazione della realtà, senza per questo voler sembrare un vecchio brontosauro: ho aderito entusiasta al digitale, ma quando si tratta di esagerare con le trasformazioni, con le interpretazioni personali io non ci sono, è vero, mi fermo molto prima. Ci sono branche della fotografia che mi sono estranee e che trovo più vicine alla raffigurazione di un fantastico iperuranio che alla rappresentazione del mondo in cui ci aggiriamo. Ma attenzione, nel rappresentare non conosco limiti, per questo trovo affascinante la fresca intuizione di Fred Ritchin, docente alle New York University e direttore della rivista Pixel Press, che ha appena coniato il neologismo "iperfotografia".
Ne spiega il significato nel libro "Dopo la fotografia" (Einaudi, 25 euro). Ritchin illustra un concetto senza dubbio intrigante: poichè la fotografia viene inglobata sempre più in altri strumenti diversi dalla "camera" - i telefonini, gli smartphone, in futuro la nostra stessa pelle - bisogna cominciare a parlare di "iperfotografia". E spiega: la fotografia non sarà più un registratore di realtà, ma una produttrice di realtà. Questo avviene - dice Ritchin - non solo per la capacità che gli strumenti visivi, e riproduttivi, offrono alla fotografia, ma perché, basandosi su un'architettura di astrazioni ripetibili all'infinito, copia e originale nel digitale sono la medesima cosa. Insomma tu fai la foto con l'iPhone, la duplichi, la manipoli, aggiungi la musica, colleghi un video, una biografia del soggetto e la realtà che hai fotografato pian piano assume le sfumature che vuole l'autore fino a cambiare totalmente il messaggio originale. Figo, no? Però non riuscirò lo stesso a smettere di amare la puzza (chiamiamola col suo nome) del fissaggio.
lucy franco lucy franco   Messaggio 7 di 17
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D - Un progetto fotografico assolutamente in priorità, nella tua agenda.

R - Il mio progetto fotografico irrinunciabile? Raccontare un evento senza rappresentarlo direttamente: rappresentarne una parte per spiegare il tutto. So che non è facile: in letteratura solo alcuni grandi sono riusciti. In fotografia è apparentemente più semplice: molti riescono a farlo bene e agevolmente, io non sempre.



Non potrei aggiungere altro che un grazie infinito per la paziente disponibilità di Antonio, che, sono certa, proseguirà ancora con le risposte alle vostre domande.

Il prossimo appuntamento sarà con un fotografo che ama il low profile, ma che quando fotografa la sua città, una delle più belle al mondo, non può che avere tutti i riflettori di Fc puntati su di lui…
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 8 di 17
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e questa intervista mi piace ... oh come mi piace .
nel suo esordio dove il Nostro mette i puntini dove devono stare e solo chi pensa a cosa sia la Fotografia che non è una fotografia può avere questa acutezza di vedute.
non faccio mai elogi soprattutto quando intervengo in questa sezione , ma di Antonio apprezzo in modo assoluto la capacità di sintesi che la sua immagine trova nel titolo . alcuni di questi sono geniali e questo a mio avviso significa soprattutto sapere quale sia il messaggio che l'immagine ha ... il titolo aiuta i distratti a vedere. Giustamente non spiega ma suggerisce

passo alla domanda . tu sei addentro al mondo del giornalismo . non rimpiangi quel " tempo dell'età perduta" scandito dai grandi reportage di Epoca, dell'Europeo per non parlare soprattutto di Life, delle immagini di Rastelli dal vietnam o d ei reportage di Lotti? come mai la fotografia ora il più delle volte nei giornali serve solo per far vedere il sedere di Belen? perchè il grande fotogiornalismo nato in italia con Dondero, lucas, Berengo etc etc ... è morto e purtroppo sopravvive la fotografia di Corona? ... dove l'etica dell'attuale fotogiornalismo?
gino lombardi gino lombardi Messaggio 9 di 17
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Conoscendo l’ottima scrittura di Lucy e considerando che Antonio è un giornalista, non poteva che svilupparsi una intervista mirabile sia per i contenuti che per la forma.
Per quanto riguarda la domanda, essa non può prescindere dall’impressione di fondo che ho ricevuto dalla lettura dell’intervista, e cioè quella di una visione della vita improntata a un deciso pragmatismo: questa è la realtà, piaccia o non piaccia, e non possiamo fare nulla per cambiarla, tranne sdrammatizzarla con l’ironia (quando è il caso). Ed è sul presupposto che la suddetta impressione sia esatta che chiedo ad Antonio: in questa visione del mondo c’è spazio per la creatività (intesa nel senso di tracciare l’opera realizzanda con un proprio contributo personale ed originale che non si limiti alla interpretazione di un evento)?

Ti ringrazio in anticipo per la risposta e Ti saluto cordialmente.

Gino
antonio rolandi antonio rolandi Messaggio 10 di 17
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Ciao Luca, intanto grazie. Sì, lo accennavo nell'intervista: il mondo corre, l'etica lo insegue. Non c'è più tempo, Luca, per pensare sfogliando una rivista, un quotidiano, un sito. I grandi reportage fotografici resistono nelle grandi riviste, soprattutto anglosassoni di qua e di là dell'oceano. In Italia - e non voglio buttarla in politica - putroppo un uomo solo monopolista televisivo, ha cambiato il modello culturale dominante e siamo passati dalla classe operaia che poteva anche andare in paradiso a quella che volendo potrebbe farsi pure una sniffatina di coca sulle piste (ahahahah) ciclabili del Po. Così anche la fotografia diventa "coronismo". Sono i trent'anni di tette e culi di cui parlavo nell'intervista. Ci sono alcune eccezioni nel mondo dello sport, ma perchè anche in quel caso si è esasperata la tendenza mostrare corpi e gesti atletici (ho scoperto a esempio che Sport Week piace molto alle donne) esagendone la spettacolarità e la muscolarità. Lo sport ha anche più mercato, non dimentichiamalo, più offerta. I grandi settimanali italiani sono in crisi: è paradossale, ma dopo aver settimanalizzato i quotidiani non riescono più come un tempo a marcare una loro identità. E così se mancano i soldi è difficile anche offrire lo spazio e le risorse per i grandi fotoreportage. Ci vorrebbe un nuovo patto tra editori, redazioni e fotografi perchè sennò il patrimonio dei grandi nomi che citi rischia di andare perduto. In sintesi le cause sono tre: il cambiamento culturale, l'asfissia dei contenitori adatti al reportage, la nostra scarsa intraprendenza e predisposizione al rischio. Ad abundantiam aggiungo che l'offerta nel mercato mondiale è imponente, a basso costo e di buona qualità. Io rimpiango dunque, ma vedo anche la possibilità di rivincita, grazie a internet. Sui siti giornalistici si comincia già a vedere qualcosa di buono. Certo, ne è passato di tempo qui da noi prima di capire che il veicolo web è straordinario per le nostre foto... Guarda che molti fotografi dei giornali non l'hanno mica capito subito. Neanche i giornalisti peraltro, luddisti per natura, però anche narcisi... Capiranno, capiremo.
antonio rolandi antonio rolandi Messaggio 11 di 17
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Ciao Gino, grazie mille per i complimenti. Lucy in effetti è bravissima :-). Per venire alla tua domanda, io credo pragmaticamente che per interpretare la realtà siano necessario strumenti e metodi inequivocabilmente "realistici". Ciò che a mio parere invece non è necessario è rappresentare la realtà. Si fa perchè rende bene l'idea ed è semplice da digerire e immagazzinare. Io mi limito a sdrammatizzarla e tu la racconti, la sublimi direi, con la tua creatività. A ciascuno il suo :-)
Ciao!
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 12 di 17
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hai ragione l'offerta esiste eccome ... basta guardare ai grandi reportage che vincono il word press ogni anno .. sempre le solite agenzie inglesi 8 getty in primis) , francesi ( la VII) ed americane ( Magnum AP, etc)... qualche rivista tedesca tipo Stern o der Spiegel .. il National Geo che non può mai mancare ed anche, ogni tanto, qualche italiano che però lavora fuori tipo Zizola, Pellegrin e Majoli tanto per citare i più noti . il bello è però che i loro assignement di agenzia poi non vengano quasi mai acquistati dalle riviste italiane .
ora te ne racconto una .. ero a fare foto alle Panerai, le regate delle barche d'epoca di Imperia , con me tra gli altri, un fotografo della Getty che era a Venezia per la mostra del Cinema ed era stato dirottato ad imperia per 2 giorni di fretta e furia e sai perchè???? perché nella prima regata sul Tuiga la barca di famiglia del principe di Monaco come skipper c'era Pierre Casiraghi ... SOLO PER QUELLO , CAPISCI???? .. mi diceva che sarebbero state le uniche foto che era sicuro di vendere a qualche rotocalco italiano .. le altre non interessavano al mercato. che tristezza...

il discorso internet è molto lungo ormai le grandi agenzie di stock hanno tutto ... una volta uno mi chiese se gli procuravo una foto fi una Giraffa che io non avevo ... solo in Alamy ne ho trovato più di 1500 in tutte le salse e quindi perchè mai spendere per mandare in Africa un fotografo ... basta fare un click e ordinare on line ...
antonio rolandi antonio rolandi Messaggio 13 di 17
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Ciao Luca, è esattamente così. Per questo ritengo sia necessaio un nuovo patto tra editori, redazioni e fotoreporter, sennò diventa tutto global e allora per lavorare finisce che ti devi affiliare a qualche service cinese. Purtroppo è la stessa difficoltà che subisce l'industria occidentale (salvo eccezioni, guarda un po', tedesche e americane) Dobbiamo- intendo voi fotografi, io mi astengo, oltretutto con la fantasia sto a zero e infatti nel '68 mi avrebbero impiccato come lurido borghese - inventarci una cosa Luca, una specie di via italiana alla fotografia da "imporre" (brutta parola) oppure emigrare oppure ancora, come fai tu, dedicarsi alle mostre e ai libri (mecenati permettendo). Chiedo scusa per una certa quota di refusi nella risposta precedente, ma siccome non c'era Lucy a fare l'editing...
Ciao!
paolo pasquino paolo pasquino Messaggio 14 di 17
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non mi sembri uno che prende appunti per strada, uno scrittore vero non lo fa, perchè vorrebbe dire che rubi tempo al tuo vedere..
(emh, mi piacevi già come bob, poi come bib.. ed ora come rolandi :)
Utente cancellato Utente cancellato Messaggio 15 di 17
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si ma anche il panorama mostre ed esibizione qui sta proprio alla frutta ... viene spesso valutata solo la fotografia " artistica" ossia di chi fa l'artista e usa il meszzo come strumento per poter dire e non come il suo dire. le gallerie sono, almeno quelle con cui ho avuto a che fare, spesso interessate più allo strano che non al reale .. solose ti chiami koudelka riesci ad esporre foto di reportage .... un vero peccatooooooo
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