Luigi Ghirri

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La fotografia rimane un linguaggio per porre delle domande al mondo. (L.G.)
Tutto è iniziato dal libro “Lezioni di fotografia” (che consiglio a tutti) che mi ha aperto il mondo di Luigi Ghirri, un mondo nuovo, un mondo di immagini vaghe e di colori a volte tenui a volte forti. Da lì parte la mia ricerca su questo uomo discreto, questo uomo che non si puliva mai gli occhiali e che fotografava con le lenti sempre appannate ma che ha fatto della fotografia la sua filosofia di vita. Ogni giorno penso a quante ricerche fotografiche avrebbe potuto fare ancora se la vita non se lo fosse portato via a soli 49 anni. Ha eseguito lavori indimenticabili, regalando alla Fotografia un nuovo modo d’espressione dando alle cose più semplici il proprio nome, la propria identità.
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L’etichetta di “fotografo” è sempre stata stretta al ragazzo di Scandiano che aveva le idee chiare come i toni pastello dei suoi paesaggi sereni e quietamente irreali. Appassionato di cinema, di musica (Dylan e Bach), di architettura, gran lettore di un lavoro del pensiero, come la filosofia e la poesia. Per lui la foto doveva ridare dignità alle cose, doveva sottrarle agli schemi, ai giudizi sbrigativi di chi non guarda mai niente. Le sue prime fotografie erano sorprendenti perché mostravano un’attenzione alle cose che è quella di un abitante delle campagne. Ritagli di cieli, oleografie casalinghe, altri oggetti senza importanza, ma in quelle foto spuntava un modo di guardare che era, per noi e per molti, una rivelazione. La fotografia per lui era “una carezza sul mondo”. La sua idea fondamentale applicata alla foto era quella della proiezione affettiva: lo sguardo come incontro con le cose, verso cui ci dirige una nostra tendenza intima. Fotografare i luoghi ci dà la coscienza di trovarci sempre al confine tra conosciuto e ignoto e questo ci indica la fine di un sentimento di appartenenza. Lui diceva che voleva fotografare “il respiro della terra”. (dalla postfazione di G. Celati)

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«Chiama le cose perché restino con te fino all’ultimo» (Gianni Celati, Verso la foce)
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Luigi Ghirri nasce il 5 gennaio 1943 a Fellegara, nella provincia di Reggio Emilia. Nel 1946 la famiglia Ghirri si trasferisce a Braida, dove trova alloggio nel collegio San Carlo dei Gesuiti, un grande edificio per le famiglie sfollate a causa della guerra. Alla fine degli anni ‘50 la famiglia Ghirri trasloca a Modena dove Luigi intraprende studi tecnici per geometra. Nasce in lui, in questo periodo, la passione per la fotografia. Nel 1962 si diploma e inizia l'attività professionale, che conduce dapprima come libero professionista e, dal 1967 circa, come dipendente presso uno degli imprenditori immobiliari più importanti di Modena. Dal 1968 in poi intraprende alcuni viaggi in Italia e in Europa: Parigi, la Bretagna, Lucerna, Berna, Amsterdam e l'Alto Adige. Da questi viaggi Luigi porta a casa centinaia di diapositive che non erano descrittive, ma costituivano una sorta di diario personale visivo: immagini di commento al viaggio e alle cose viste, una riflessione personale, mediata dalle letture e dalla sua cultura visiva.


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Nel 1969 Luigi Ghirri conosce per motivi di lavoro Franco Guerzoni. Nasce un sodalizio fatto di lunghe serate trascorse a parlare e a discutere d'arte. Attraverso Guerzoni, Ghirri entra in contatto anche con Carlo Cremaschi, Giuliano della Casa, Claudio Parmiggiani e Franco Vaccari. Inizia così a collaborare con questo gruppo di artisti che operano a Modena, realizzando fotografie che documentano alcune performance. Nel dicembre del 1972 espone per la prima volta a Modena, con una personale dal titolo “Fotografie 1970-1971”. Nel 1974 Lanfranco Colombo lo invita ad esporre “Paesaggi di cartone” alla "Galleria il Diaframma" a Milano. Abbandona l'attività di geometra e apre uno studio di grafica con Paola Borgonzoni, Margherita Benassi e Carlo Nascimbeni.



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Nel 1977 fonda la casa editrice "Punto e virgola", specializzata in fotografia. Nel 1978 pubblica per la propria casa editrice Kodachrome (1970-1978), una ricerca che raccoglie alcune immagini del periodo iniziale. Nel 1979 avviene una svolta fondamentale per la sua attività di ricerca; è invitato da Quintavalle e Mussini a progettare una personale presso l'Università di Parma. Nello stesso anno espone in diversi luoghi d'Europa, ma la mostra al Festival di Arles gli porge delle opportunità prestigiose, come l'incontro con Charles Traub, il direttore della Light Gallery di New York che lo inviterà ad organizzare una personale per l'anno successivo, dove esporrà Still-Life e Topografia-Iconografia.


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È invitato alla Biennale di Venezia, dove Luigi Ghirri espone alcune immagini tratte da “Colazione sull'erba”. Nel 1980 Manfred Heiting, allora direttore della Polaroid International, lo invita ad Amsterdam presso i laboratori della Polaroid per realizzare una serie di immagini di grande formato (60x50 cm). Nel 1981 è invitato dall'Azienda Turismo e dal Comune di Napoli ad intraprendere, insieme con altri fotografi, una lettura del paesaggio partenopeo. Il progetto darà vita alla mostra “7 fotografi per una nuova immagine”. Alla "Photokina" di Colonia è l'unico italiano presente alla mostra Photography 1922-1982. Su invito di Quintavalle e Mussini svolge seminari sulla fotografia all'Università di Parma. Sempre nel 1983 Lucio Dalla si rivolge a Luigi Ghirri per commissionargli dei ritratti fotografici per realizzare le copertine dei suoi dischi. Grazie a Lucio Dalla, Ghirri conosce Gianni Morandi, Ron, Luca Carboni, gli Stadio, i CCCP e con tutti collabora professionalmente. Esegue moltissime copertine per le raccolte di musica classica.


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Nel 1984 elabora il progetto fotografico dal titolo “Viaggio in Italia”, che scrive in collaborazione con Leone e Velati. Il progetto prevede la partecipazione di fotografi, non solo italiani, per la realizzazione di un nuovo "Atlante" per immagini sull'idea del paesaggio italiano.


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Anche il Touring Club Italiano lo incarica di realizzare due volumi fotografici che lo vedono impegnato in una rilettura del paesaggio della propria regione. In questi anni, l'amicizia con Gianni Celati si stringe in un sodalizio intellettuale che lo condurrà ad altri progetti fondati sul rapporto tra letteratura, cinema e fotografia. Nel 1985 Luigi Ghirri è invitato a fotografare la reggia di Versailles.


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Aldo Rossi lo invita, invece, a fotografare alcuni luoghi particolarmente caratterizzati dalla cultura veneta per il concorso internazionale della III Biennale d'Architettura di Venezia. Organizza la mostra dal titolo “Esplorazioni sulla via Emilia”. Vedute nel paesaggio, inaugurata a Reggio Emilia nel febbraio del 1986. Durante i mesi di ricerca e di preparazione dell'iniziativa Luigi Ghirri conosce il poeta Tonino Guerra, lo scrittore Ermanno Cavazzoni, il regista Nino Criscenti e altri artisti, con i quali pure entra in amicizia.


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Su invito dell'amico Lucio Dalla si reca per la prima volta a New York con lo scopo di raccogliere appunti fotografici sulla tournée del cantante bolognese. Nell'autunno del 1988 si inaugura la XVII edizione della Triennale di Milano per la quale Ghirri cura anche la sezione "Fotografia" nell'ambito della mostra “Le città del mondo”, il futuro della metropoli. Pubblica “Paesaggio italiano” nei "Quaderni di Lotus International" e “Il profilo delle nuvole” con testo di Gianni Celati. Inizia la collaborazione, in qualità di docente, all'Università del Progetto, una scuola di design a Reggio Emilia.


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Nel 1991 intraprende la campagna di documentazione dell'atelier e dell'abitazione di Giorgio Morandi, su invito di Carlo Zucchini, curatore dell'Archivio del pittore bolognese. Le ripetute visite dei luoghi morandiani, in compagnia dello scrittore Giorgio Messori, lo conducono a realizzare numerose immagini, a cui non riuscirà a dar veste di libro a causa della sua prematura scomparsa.


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Arturo Carlo Quintavalle gli propone di realizzare insieme un libro ampiamente illustrato dal titolo “ Viaggio dentro un antico labirinto”. Gli autori concepiscono l'opera come una lettura del paesaggio italiano attraverso la storia dell'arte, la letteratura e, ovviamente, l'opera di Ghirri. In appendice è pubblicata una lunga intervista a Luigi Ghirri dal titolo “Viaggio dentro le parole”. Un dialogo denso, che a volte si delinea come una riflessione sul percorso intellettuale ed artistico dell'autore, in cui lo stesso afferma: "Il mio desiderio è sempre stato quello di lavorare con la fotografia a 360 gradi, senza limitazioni. Credo che questo modo di operare sia un'amplificazione delle possibilità percettive e di racconto. [...] Uno degli elementi che mi affascinava nelle ricerche concettuali [da cui sono partito] era l'irruzione della possibilità di una sorpresa all'interno del quotidiano anche riferito all'arte. Ma al di là di questo credo di aver appreso dall'arte concettuale la possibilità di partire dalle cose più semplici, dall'ovvio, per rivederle sotto un'altra luce".
Luigi Ghirri si spegne nella sua casa a Roncocesi (a Reggio Emilia), il 14 febbraio 1992.
È morto improvvisamente, in un’alba d’inverno, dopo che un dottore gli aveva detto che stava benissimo. Forse è morto soltanto di stanchezza, perché negli ultimi tempi ne faceva troppe. Anche lui, come Alberto Giacometti, è morto a forza di lavorare, di pensare, di ricercare, senza risparmio. (Gianni Celati)


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Le macchine fotografiche di Luigi Ghirri
• 1967-1968: Voigtlander Bessamatic 24x36mm a telemetro con ottica fissa 50mm.
• 1969-1972: Olympus Pen (24x18mm) e la prima fotocamera reflex.
• 1977-1978: Canon AE-1
• 1979 in poi: Vari modelli di Polaroid, 100, SX-70, 600 e Image.
• 1980: È invitato dalla Polaroid Intl. ad Amsterdam per utilizzare una fotocamera sperimentale di formato 20x24" e 8x10".
• anni ottanta: Pentax 645 (6x4.5cm) e Pentax 67 (6x7cm).
• Fine anni '80: Mamiya RB 67

Le ottiche
Lavorava soprattutto con obiettivi a focale intermedia e a volte usava grandangolo e teleobiettivo.

I negativi
Luigi Ghirri ha utilizzato negativi e diapositive dei formati: 24x36mm, 3.5x5cm, 4.5x6cm, 5.5x5.5cm, 5x6cm, 6x6cm, 6x7cm, 6x8cm, 6x9cm.
L’archivio dell’autore è composto da più di 180.000 tra negativi e diapositive a colori.


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Luigi Ghirri è il poeta della memoria. Nel suo catalogo fotografico ha raccolto il mondo, organizzandolo in un personale sistema di riferimento. Nelle sue foto, fatte di assenza, dove solo gli oggetti, rimandano a qualche presenza ormai fatta storia, si percepisce la vita degli uomini e quella delle cose. E del loro ambiguo rapporto dove nulla può essere vero e, tuttavia, ogni cosa è vera.


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Il suo metodo è del narratore e la sua fotografia è un taccuino in continuo divenire di nuove scritture, correzioni, aggiunte, in modo che la sua opera pulsa vitale, prendendo forme, adattandosi al sé contenitore mutabile nel tempo.


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Il discorso di Ghirri è proprio sull’”assenza”: la società capitalistica è la società dell’assenza, del vuoto, del trascorrere del tempo sui personaggi e la “poetica” di Ghirri è la poetica del “nulla”, dell’appiattimento del personaggio vivo a “manifesto” e della trasformazione del manifesto in “protagonista”. Arturo Carlo Quintavalle


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E in queste parole c’è tutta l’ambiguità della fotografia di Ghirri che riduce la realtà a puro simbolo, quel simbolo che diventa, esso stesso, realtà. Ecco le foto della serie Atlante (1972), viaggio immaginario non attraverso i luoghi, i suoni, gli odori del reale, ma attraverso i loro simboli, la memoria, le associazioni.


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Kodachrome (1972) è critica dell’immagine mercificata, strumento di riflessione sul nostro rapporto con l’immagine.


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La serie Identikit (1977), è un viaggio attraverso la propria stanza, tra i suoi oggetti, i libri, qualche cassettiera, che diventa viaggio dentro di sé, organizzazione della memoria. La fotografia, per Ghirri, è arte della memoria. “Procedimento non per ricordare l’evento ma per ricordarsi in relazione a un certo evento che non esiste in quanto tale ma esiste in quanto fotografato, dunque fa parte della nostra esperienza che non è mai esperienza reale ma esperienza del possibile” Luigi Ghirri


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Il fotografo Luigi Ghirri, nel suo lavoro Identikit (1976-1979), costruisce di se stesso un ritratto scegliendo di mostrare soprattutto gli scaffali della sua libreria e della sua collezione di dischi. Egli scriverà a proposito della relazione con questi oggetti: “Ho delegato, per questo autoritratto, gli oggetti che testimoniano un rapporto di conoscenza, di cultura, della mia fantasia, del passare del mio tempo: la lettura, l’ascolto della musica, progettare viaggi […] È quindi come gesto di mostrarsi, più che rappresentarsi che io intendo queste fotografie”.


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Luigi Ghirri, fa spesso riferimento a Borges, per declinare il suo modus operandi concettuale, come quando ricorda il racconto di colui che raccoglie immagini del mondo, frammenti, dettagli, trascrive, organizza, ricopia tutto. Un duplicato del mondo? No, alla fine, l’immagine, assurda, del proprio volto.


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Per Ghirri noi tutti, dunque, siamo ciò che ci circonda, la nostra stessa vita, altro non è che antagonismo tra noi e l’oltre noi. Egli ha guardato fuori di sé per cercare dentro di sé, l’ha fatto evocando l’immobilità delle cose, viste attraverso i tenui colori, i toni morbidi e la ricerca di mirabili equilibri, che sono la cifra più evidente, tecnicamente, del suo modo di comunicare attraverso la fotografia.


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Ghirri riconduce tutte le apparenze e apparizioni verso quell'ultimo sfondo, verso il limite sul quale l'aperto si fa mondo. Riesce a farlo attraverso la visione atmosferica, cioé attraverso il sapore affettivo dei colori e dei toni. E ciò gli permette di presentare tutte le apparenze del mondo come fenomeni sospesi, e dunque non più come fatti da documentare. Ogni momento del mondo è riscattato dalla possibilità di ridargli una vaghezza, cioè di riportarlo al sentimento che abbiamo dei fenomeni. (Gianni Celati)


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Hanno detto che sono un neorealista. Però io preferisco riconoscermi in una corrente espressiva che si chiama Soggettivismo poetico, che si rifà al grande fotografo ungherese Kertész Luigi Ghirri, 1991
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Lui si interessa molto alla soglia e al modo di utilizzare la luce nella maniera più espressiva.
"Quando parlo di inquadratura naturale, intendo riferirmi a spazi nei quali il nostro sguardo è già guidato e orientato, e parlo anche di cose molto semplici, come ad esempio un cancello. Il cancello non segna solo il limite o l'accesso a una proprietà, ma si impone e guida il nostro sguardo in determinate direzioni. Ci sono le colonne, che rappresentano dei limiti, dei segni, dei traguardi, dei confini entro cui lo spazio si rappresenta. E non sono molto diverse dal mirino della macchina fotografica. Sono la soglia di qualcosa, la soglia per andare verso qualcosa." Luigi Ghirri, da: Lezioni di fotografia


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"La fotografia essenzialmente riguarda un giusto e corretto rapporto tra spazio e tempo. Tra spazialità dell'esterno e tempo di realizzazione dell'immagine. Esiste la soglia fisica, come ad esempio l'immagine di un luogo visto attraverso una porta, con un'idea quindi di accesso. Accentuando e mettendo in relazione, all'interno dell'immagine, un oggetto di questo tipo con tutto lo spazio circostante, possiamo accentuare un interesse, indirizzare un'operazione di approfondimento" Luigi Ghirri, da: Lezioni di fotografia


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Umilmente dedico questo mio approfondimento alla persona e fotografo Luigi Ghirri. Grazie ancora allo staff di Fc e a Lucy che mi hanno dato questa ennesima possibilità di ricerca mossa dalla passione per i grandi della Fotografia.

(Molte delle notizie su Luigi Ghirri, qui trascritte, sono state tratte dal web)
Messaggio moderato il 23.03.15, 18:53.
lucy franco lucy franco   Messaggio 14 di 36
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Esaustiva, interessantissima lettura su un Maestro di cui mi piace ricordare qui questo pensiero " Cerco un punto di vista sul mondo esterno e una visione su un mondo più nascosto, interiore, di attenzione, di memorie spesso trascurate".

Grazie Cristina, questo forum dedicato a "I nostri Maestri" si arricchisce :))
Ultima modifica di lucy franco il 14.06.14, 23:36, modificato 1 volta in totale.
vog2 vog2 Messaggio 15 di 36
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non credo che nessun altro qui avrebbe potuto scrivere su Ghirri ... la prima volta che mi è capitata sotto gli occhi una fotografia di Cristina ho riconosciuto quella poetica che è in tutta l'opera di Ghirri .. il tono sussurrato, la visione disincantata , il semplice che diventa bello perchè visto con occhi che bnon solo sanno guardare fuori ma riflettono cosa uno ha dentro, la mancanza di quella ricerca dello straordinario che spesso si tramuta in volgarità e banalità.

tuto questo e non solo.
aggiungo solo una piccola nota personale. ho "conosciuto" Ghirri alla fine degli anni 80 attraverso uno straordinario Quaderno di lotus in cui Vittorio Savi aveva commissionato al Nostro di fotografare il cimitero di Modena di Aldo rossi ( purtroppo non trovo più quel numero)... e lui lo ha fatto in un modo completamente differente da quello solite delle riviste : sotto la neve con quei cieli biancolatte che spesso gli ignoranti vedono come elemento negativo ... l'ho ritrovato poi nelle fotografie dello studio di Aldo Rossi ed in quelle di Morandi in cui una straordinaria fotografia di una natura morta di bottiglie e tonalità soffuse era accompagnata su un lato da un pezzo di una SEDIA che tutti avrebbero tolto in fase di stampa . Poi ho capito il perchè quel pezzo di sedia non era stata tagliata: quella era una fotografia di Ghirri e non la copia fotografica di una natura morta del Maestro.
Da allora mi piace ogni tanto riguardare le sue fotografie sui suoi libri e leggere i suoi scritti ... lo faccio spesso , mi fa sentire meglio.
Ghirri se ne è andato in silenzio nel 92 lasciando una eredità che pochi altri fotografi al mondo hanno saputo regalare . Anche solo qui, in Fc la Sua presenza fatta di assenze è molto forte grazie ad alcuni che volutamente non cito ma loro sanno...
Poco tempo fa se ne è andata anche sua moglie , anch'essa prima del tempo naturale, Paola Bergonzoni della quale, quasi a memoria ricordo la sua dichiarazione commovente dichiarazione d'amore a marito : " abbiamo camminato affiancati amandoci seriamente per diciotto anni sovrapponendo il nostro guardare ed il nostro sentire con un grande impegno a vivere accompagnati in questo muoverci nello spazio e nel tempo, insieme, dalla sua macchina fotografica e dalle canzoni di Dylan"...
un mio caro amico aveva avuto contatti con lei , volevamo organizzare a Genova una mostra delle sue fotografie su Aldo Rossi da esporre nel Foyer del teatro Carlo Felice... non si è potuta concretizzare questa opportunità né allora ne oggi a distanza di qualche tempo per l'assordante sordità degli amministratori della mia città. Ma non demordiamo ... ce la faremo ... è un solo e semplicemente un atto dovuto

a Cristina solo il mio più sincero grazie
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