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73.Ottobre:Sonja Franceschetti

Una piccola Halina per i miei 14 anni e le fotografie sperimentali in
bianco e nero su pellicola, Iso 100, 400... immagini di casa,
cortili innevati, alberi della mia infanzia del piccolo paese di
provincia nel quale sono cresciuta, come primissimi soggetti di studio
e il primo impatto col mondo della fotografia.
Gli anni passano , le immagini si sedimentano e le influenze
cinematografiche convergono sulla mia percezione visiva del mondo. Il
neorealismo degli anni 50/60, con il bianco e nero graffiante,
riconducono le immagini a frammenti di vita, dove uno sguardo od un
gesto raccontano storie di una esistenza. I grandi autori italiani
degli anni 70 poi sono presenti negli scatti dedicati all’infanzia :
L. Comencini con L’Incompreso”, Truffaut con il “Selvaggio” e “Gli
anni in tasca” nei quali il bambino è un soggetto attivo e dotato di
autonomo sentire.
Il tema ricorrente sta nella narrazione della solitudine dei rapporti
umani, e qui “La Notte “ di Michelangelo Antonioni ha fatto strada dal
punto di vista della composizione dello spazio fotografico.
Non uso quasi mai il colore. Le mie fotografie nascono in bianco e
nero. Il colore è percepito come orpello che distoglie l’osservatore
dalla richiesta di elaborazione piu’ profonda dell’immagine. Il bianco
e nero, e per inciso mai il grigio di fatto, mi permette di puntare
dritto al sentimento al pensiero che voglio esprimere con l’immagine
stessa.
E’ percorso fortemente introspettivo quello tra me e la fotografia.
Quando le immagini sono di “Street” studio il senso semiotico della
loro valenza; un’analisi profonda dell’inconscio degli archetipi mi si
offre sul piatto come per magia e diventa materia preziosa per capire
le variazioni dell’epoca nella quale viviamo.
Mi racconto moltissimo. Sovente le protagoniste sono le mie mani che
recitano per me. Un tema pensato viene sviluppato attraverso quadri
immaginari del mio vivere e passo molto tempo a provare pose, tempi di
scatto ed inquadrature in genere in modo solitario. Oppure scatto
accostando oggetti e parti di me in modo inconscio, facendo emergere le
interpretazioni della mia inquietudine interiore.
Adoro grandi fotografi come Federico Patellani, Uliano Lucas , Gianni
Berengo Gardin, Robert Frank con “The Americans”, Gordon Park, Paolo
Pellegrin, Willy Ronis con le sue “Regole del Caso” . Ho amato “Un Paese“ di Strand e Zavattini; rimango affascinata dalla capacita’ di
Pasolini di coniugare la scrittura con le immagini dell’Italia ne “La
lunga Strada di Sabbia” e della sintesi critica presente negli
attualissimi testi di Quentin Bajac “Dopo la fotografia” per intuire
quale sia il destino della Fotografia in senso lato.
Ho partecipato a diverse mostre in ambito locale e non, vinto
riconoscimenti che mi hanno gratificata, esposto a Citerna
internazionale di Fotografia in ambito di collettive con altri
fotoamatori negli anni 2011 e 2012 e collaboro con una storica e
prestigiosa pubblicazione di Siena, ma non mi voglio prendere
assolutamente sul serio. Del resto gia’ altri hanno ben scritto quanto
la fotografia sia... “Un´autentica Bugia”,.per citare Smargiassi.. e per
quanto mi riguarda credo sia proprio cosi’.
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