Ultimamente nei forum di FC gli argomenti che trattano di fotografia si fanno più numerosi e coinvolgono, in discussioni appassionate, sempre più utenti. Il piacere che si prova nel discutere apertamente di "fotografia" fa si che in questi thread le discussioni, per quanto animate, siano sempre interessanti e mantengano un elevato livello di rispetto tra i partecipanti. I pochi interventi polemici finiscono così con l'essere ignorati (come è giusto che sia).
Personalmente sono molto soddisfatto dell'attenzione che ha ricevuto il thread che ho aperto sulla più nota foto di Robert Capa, dove la discussioni ha portato a livelli di approfondimento impensati inizialmente.
Propongo quindi che chi lo desidera, segnali in questo trhead la foto che più ha influito nella sua formazione fotografica, spiegandone i motivi.
La foto di formazione di cui parlerò è "Il Dr. Schweitzer" di William Eugene Smith:
[fc-foto:14469490]
A metà dei '60 o poco dopo, capitò in casa un copia di Popular Photography, settembre 1960, lire 450. Per me fu la scoperta, nel senso letterale del termine, della "fotografia", da quel momento intensa non più come mera tecnica riproduttiva (della fotografia conoscevo allora solo le foto domenicali di famiglia) ma, anche se all'epoca comprensibilmente in modo astratto o più esattamente confuso, come strumento d'indagine della realtà.
Questa foto mi apparve (e mi appare tuttora) straordinaria. Sia per il soggetto, che conoscevo (da vorace lettore di romanzi e storie d'avventura per l'infanzia), ma soprattutto per la forza della resa ambientale e la figura insieme decisa, volitiva, tenace, ma anche bonaria del Dr. Schweitzer, intento a scrivere dopo una giornata di pesante lavoro nel suo ospedale. Si coglie, nell'assoluta semplicità della stanza, la caratterizzazione della avvincente personalità del soggetto. I tanti particolari ne rivelano le frugali abitudini personali e l'intensità del suo lavoro. In particolare le buste da lettere, come erano allora, per "posta aerea", sulla sinistra, indicano i suoi contatti con il resto del mondo. Il lume a petrolio, semplicissimo ed elegante, riempie l'inquadratura, ed è rappresentato più come un "compagno di lavoro" che semplice oggetto qual è.
Rimasi affascinato dall'intensità dei neri e dei grigi. Questa foto e altre due (Charlie Chaplin e Mercato nero di Madrid) illustravano una lunga intervista a W. Eugene Smith sul tema "la tecnica dell'illuminazione". Non posso ricordare se all'epoca ci avessi capito qualcosa. Però, ultimamente, l'ho riletta almeno tre volte, ricavandone ogni volta spunti per personali riflessioni.
La carriera di "fotogiornalista" di W. Eugene Smith inizia nel 1939, con la rivista "Life". Sarà quindi fotografo nella guerra del Pacifico. Nel 1951 in Spagna realizza la sua più toccante raccolta d'immagini: "Il villaggio spagnolo". Altro reportage d'intensa umanità è "La levatrice nera" che documenta il duro lavoro svolto dalla donna nel Sud degli Stati Uniti, sfidando con grande coraggio la discriminazione razziale. Nel 1970 a Minamata, in Giappone, documenta la lotta delle vittime delle malattie causate dalle industrie chimiche.
Muore nel 1978, dopo un brutto periodo segnato da dissapori familiari, depressione, alcolismo e pesanti crisi economiche.
Personalmente sono molto soddisfatto dell'attenzione che ha ricevuto il thread che ho aperto sulla più nota foto di Robert Capa, dove la discussioni ha portato a livelli di approfondimento impensati inizialmente.
Propongo quindi che chi lo desidera, segnali in questo trhead la foto che più ha influito nella sua formazione fotografica, spiegandone i motivi.
La foto di formazione di cui parlerò è "Il Dr. Schweitzer" di William Eugene Smith:
[fc-foto:14469490]
A metà dei '60 o poco dopo, capitò in casa un copia di Popular Photography, settembre 1960, lire 450. Per me fu la scoperta, nel senso letterale del termine, della "fotografia", da quel momento intensa non più come mera tecnica riproduttiva (della fotografia conoscevo allora solo le foto domenicali di famiglia) ma, anche se all'epoca comprensibilmente in modo astratto o più esattamente confuso, come strumento d'indagine della realtà.
Questa foto mi apparve (e mi appare tuttora) straordinaria. Sia per il soggetto, che conoscevo (da vorace lettore di romanzi e storie d'avventura per l'infanzia), ma soprattutto per la forza della resa ambientale e la figura insieme decisa, volitiva, tenace, ma anche bonaria del Dr. Schweitzer, intento a scrivere dopo una giornata di pesante lavoro nel suo ospedale. Si coglie, nell'assoluta semplicità della stanza, la caratterizzazione della avvincente personalità del soggetto. I tanti particolari ne rivelano le frugali abitudini personali e l'intensità del suo lavoro. In particolare le buste da lettere, come erano allora, per "posta aerea", sulla sinistra, indicano i suoi contatti con il resto del mondo. Il lume a petrolio, semplicissimo ed elegante, riempie l'inquadratura, ed è rappresentato più come un "compagno di lavoro" che semplice oggetto qual è.
Rimasi affascinato dall'intensità dei neri e dei grigi. Questa foto e altre due (Charlie Chaplin e Mercato nero di Madrid) illustravano una lunga intervista a W. Eugene Smith sul tema "la tecnica dell'illuminazione". Non posso ricordare se all'epoca ci avessi capito qualcosa. Però, ultimamente, l'ho riletta almeno tre volte, ricavandone ogni volta spunti per personali riflessioni.
La carriera di "fotogiornalista" di W. Eugene Smith inizia nel 1939, con la rivista "Life". Sarà quindi fotografo nella guerra del Pacifico. Nel 1951 in Spagna realizza la sua più toccante raccolta d'immagini: "Il villaggio spagnolo". Altro reportage d'intensa umanità è "La levatrice nera" che documenta il duro lavoro svolto dalla donna nel Sud degli Stati Uniti, sfidando con grande coraggio la discriminazione razziale. Nel 1970 a Minamata, in Giappone, documenta la lotta delle vittime delle malattie causate dalle industrie chimiche.
Muore nel 1978, dopo un brutto periodo segnato da dissapori familiari, depressione, alcolismo e pesanti crisi economiche.
04.10.08, 17:27
Messaggio 2 di 30
Messaggio Modificato (8:49)
05.10.08, 18:50
Messaggio 3 di 30
Per me.... Sebastiao Salgado. Quelle sono le foto che avrei voluto fare. Ma non sono e non sarò mai nel posto giusto. Perchè certe occasioni vanno cercate, perseguite, vissute. Un rimpianto che certe volte mi pesa.
08.10.08, 14:33
Messaggio 4 di 30
circa 25 anni fa, piu' che una foto fu un libro...."La Creazione" di Ernst Haas
http://www.fotoarts.org/scheda_articolo.php?id=221
per me bianconerista alle prime armi fu una autentica rivelazione, il colore, il progetto, la fantasia, non solo b/n a prescindere.
Incollo le sue parole:
Il colore non significa bianco e nero più colore, come il bianco e nero non è solo un'immagine senza colore. Ciascuno di questi mezzi richiede una diversa sensibilità nel vedere e, di conseguenza, una diversa disciplina. »
(Ernst Haas)
praticamente una visuale a 360 gradi.
Ottimo forum, complimenti
http://www.fotoarts.org/scheda_articolo.php?id=221
per me bianconerista alle prime armi fu una autentica rivelazione, il colore, il progetto, la fantasia, non solo b/n a prescindere.
Incollo le sue parole:
Il colore non significa bianco e nero più colore, come il bianco e nero non è solo un'immagine senza colore. Ciascuno di questi mezzi richiede una diversa sensibilità nel vedere e, di conseguenza, una diversa disciplina. »
(Ernst Haas)
praticamente una visuale a 360 gradi.
Ottimo forum, complimenti
08.10.08, 15:36
Messaggio 5 di 30
.circa 30 anni fa trovai Aperture.....
una pubblicazione americana.
Tina Modotti con i suoi paesaggi dell'anima....mi sconvolse.
la fotografia che però mi ha spinto ad aquistare la mia Zenith.....fu questa
[fc-foto:14527796]
...Paul Strand...
la descrizione essenziale nei suoi ritratti..
e il viaggio....x un ventenne quale ero,il suo"vagare" era irresistibile....!
a pelle insomma!
bellissima idea il forum complimenti!
Messaggio Modificato (08-10-08 16:37)
una pubblicazione americana.
Tina Modotti con i suoi paesaggi dell'anima....mi sconvolse.
la fotografia che però mi ha spinto ad aquistare la mia Zenith.....fu questa
[fc-foto:14527796]
...Paul Strand...
la descrizione essenziale nei suoi ritratti..
e il viaggio....x un ventenne quale ero,il suo"vagare" era irresistibile....!
a pelle insomma!
bellissima idea il forum complimenti!
Messaggio Modificato (08-10-08 16:37)
http://www.mariogiacomelli.it/75_presa.html
PRESA DI COSCIENZA SULLA NATURA
Fù l'autunno dell'anno 2002. Serata didattica di un circolo fotografico, tema: Paesaggio.
Gl'autori esaminati furono Adams, Fontana, Giacomelli. In quella sera capii la vera forza della Fotografia, mezzo comunicativo dall'autore .. l'interpretazione.
PRESA DI COSCIENZA SULLA NATURA
Fù l'autunno dell'anno 2002. Serata didattica di un circolo fotografico, tema: Paesaggio.
Gl'autori esaminati furono Adams, Fontana, Giacomelli. In quella sera capii la vera forza della Fotografia, mezzo comunicativo dall'autore .. l'interpretazione.
09.10.08, 13:00
Messaggio 7 di 30
Fine 2005 girovagando per il web mi trovo davanti il sito citato da Fersini.... passo una notte intera..a guardare e riguardare le foto di Giacomelli... la mattina esco salgo in macchina vado al negozio compro la prima macchina fotografica della mia vita, una reflex digitale (Eos 350), da quel giorno tiro qualche foto.... ;-)
Perdonatemi... sto scomodando l'impossibile ma verso la fine del 2005 (fino ad allora la fotografia per me era solo passione) mi imbatto in questa foto...
[fc-foto:14538254]
...da una street ne ha fatto arte ecco io mi ispiro a questo sentimento... spero un giorno di farne una che si possa definire fotografia, naturalmente niente che si possa definire simile a questa ma è questa foto che mi ha indirizzato... aiutato!!!
[fc-foto:14538254]
...da una street ne ha fatto arte ecco io mi ispiro a questo sentimento... spero un giorno di farne una che si possa definire fotografia, naturalmente niente che si possa definire simile a questa ma è questa foto che mi ha indirizzato... aiutato!!!
Ugo Mulas
http://www.ugomulas.org/index.cgi?actio ... 2&lang=ita
Quando la vidi, avendo già fatto foto in camera oscura "senza macchina", mi arrovellai per rifarla... non sapendo come l'aveva realizzata Mulas.
Il gioco era semplice e geniale al tempo stesso:
carta fotografica, una bacinella di sviluppo e una di fissaggio e la luce;
un carta esposta alla luce, una mano bagnata nello sviluppo, l'impronta e poi il fissaggio (impronta nera su campo bianco);
una mano bagnata nel fissaggio, impronta, luce e bagno di sviluppo, fissaggio finale (impronta bianca su campo nero)
Ugo Mulas lo fece su una stessa carta.
Mi sono chiesto se l'esperimento può essere considerato fotografia... ancora melo chiedo.
A voi amici un commento
http://www.ugomulas.org/index.cgi?actio ... 2&lang=ita
Quando la vidi, avendo già fatto foto in camera oscura "senza macchina", mi arrovellai per rifarla... non sapendo come l'aveva realizzata Mulas.
Il gioco era semplice e geniale al tempo stesso:
carta fotografica, una bacinella di sviluppo e una di fissaggio e la luce;
un carta esposta alla luce, una mano bagnata nello sviluppo, l'impronta e poi il fissaggio (impronta nera su campo bianco);
una mano bagnata nel fissaggio, impronta, luce e bagno di sviluppo, fissaggio finale (impronta bianca su campo nero)
Ugo Mulas lo fece su una stessa carta.
Mi sono chiesto se l'esperimento può essere considerato fotografia... ancora melo chiedo.
A voi amici un commento
Stefano, secondo me i tuoi esperimenti sono delle fotografie in tutto e per tutto.
In effetti fu Man Ray che, praticamente per caso, inventò le "rayografie" (fotografie realizzate senza macchina fotografica né pellicola). Nei primi anni venti, mentre sviluppava alcune fotografie in camera oscura, un foglio di carta vergine, casualmente, finì tra agli altri già nello sviluppo e, visto che continuava a non comparirvi nulla, poggiò, piuttosto irritato, una serie di oggetti di vetro sul foglio ancora a mollo e accese la luce. L'artista ottenne così delle immagini deformate, quasi in rilievo sul fondo nero. Così, attraverso i suoi "rayogrammi", termine costruito sul suo cognome ma che contemporaneamente evoca il disegno luminoso, poteva meglio indagare ed esaltare il carattere spesso inquietante della realtà.
In effetti fu Man Ray che, praticamente per caso, inventò le "rayografie" (fotografie realizzate senza macchina fotografica né pellicola). Nei primi anni venti, mentre sviluppava alcune fotografie in camera oscura, un foglio di carta vergine, casualmente, finì tra agli altri già nello sviluppo e, visto che continuava a non comparirvi nulla, poggiò, piuttosto irritato, una serie di oggetti di vetro sul foglio ancora a mollo e accese la luce. L'artista ottenne così delle immagini deformate, quasi in rilievo sul fondo nero. Così, attraverso i suoi "rayogrammi", termine costruito sul suo cognome ma che contemporaneamente evoca il disegno luminoso, poteva meglio indagare ed esaltare il carattere spesso inquietante della realtà.
Grazie per il tuo commento,
il dubbio espresso nel mio post deriva dal fatto che penso la fotografia come un racconto di qualcosa: colto dai propri occhi, catturato dalla macchina, illustrato ad altri.
Questo pone il quesito su cos'è una foto.
Potrebbe essere la pittura con la luce... e allora anche le ombre e il gioco delle trasparenze è fotografia.
Forse il dilemma appartiene alla categoria "massimi sistemi"?
Comunque per non annoiare oltre, quando mi perdo in simili "filosofie" e ritorno alla realtà, penso che dopotutto la foto (vecchio analogico, sofisticazioni digitali, postproduzioni, tecnica estrema, obiettivi super luminosi e antivibrazioni, insomma... tutto compreso) è un pò di luce che passa in buco per un certo tempo; ma se vuoi ci puoi creare effetti fantastici.
Ciao Stefano
p.s.: per quanto rigurda il Tempo e la Fotografia vedi sempre Ugo Mulas
http://www.ugomulas.org/index.cgi?actio ... 2&lang=ita
ma questa è un'altra storia
il dubbio espresso nel mio post deriva dal fatto che penso la fotografia come un racconto di qualcosa: colto dai propri occhi, catturato dalla macchina, illustrato ad altri.
Questo pone il quesito su cos'è una foto.
Potrebbe essere la pittura con la luce... e allora anche le ombre e il gioco delle trasparenze è fotografia.
Forse il dilemma appartiene alla categoria "massimi sistemi"?
Comunque per non annoiare oltre, quando mi perdo in simili "filosofie" e ritorno alla realtà, penso che dopotutto la foto (vecchio analogico, sofisticazioni digitali, postproduzioni, tecnica estrema, obiettivi super luminosi e antivibrazioni, insomma... tutto compreso) è un pò di luce che passa in buco per un certo tempo; ma se vuoi ci puoi creare effetti fantastici.
Ciao Stefano
p.s.: per quanto rigurda il Tempo e la Fotografia vedi sempre Ugo Mulas
http://www.ugomulas.org/index.cgi?actio ... 2&lang=ita
ma questa è un'altra storia
Un solo nome, FULVIO ROITER
Messaggio Modificato (14-10-08 16:31)
Messaggio Modificato (14-10-08 16:31)
Io sono cresciuto mangiando Helmut Newton e bevendo Ansel Adams
personalmente,ho iniziato a far foto con unapiccola 3m che mi regalarono alla mia comunione,dopo di che'ho sempre scattato,detto cio'chi mi ammalio'in termine fotografico non fu' un vero e proprio mostro sacro della fotografia,ma un grande regista il grande Sidney Lumet,da allora sia in camera oscura sia oggi con l'iPhone,il bianconero e' per me fondamentale.
a 16 anni mi capitò tra le mani una copia della prima edizione del 1971 di "La Creazione" di Ernest Haas ... era il 1981. Stampavo già in B/N su carta agfa brovia 111 e acidi chimifoto ornano cercando la purezza dei neri ... dopo l'incontro con questo libro, in particolare l'immagine di un guscio di conchiglia di madreperla ripreso da vicino a rappresentare il magma primordiale ho iniziato a usare il Kodakrome 25 ... da qualche parte ho ancora quel libro che mi costò i sacrifici di un estate di lavoro ... per tanti anni periodicamente lo tiravo fuori e studiavo le sfumature dei colori ... poi Cheico Leidman e Franco Fontana ... in età adulta Ansel Adams mi impressionò la foto "Moonrise Hernandez" del 1941, seppure di bassa qualità su una rivista (mi sembra fosse Zoom o Photo) passavo ore e ore ad ammirarla ... poi Nino Migliori etc .....
AlessioBlve
AlessioBlve