Josef Sudek

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Josef Sudek - 30 Josef Sudek - 30 lucy franco 09.03.16 0


La semplicità e la profondità delle umili cose

Scoprire il grande fotografo Josef Sudek è stato come farsi attraversare da un pieno di emozioni infinite. Dopo aver guardato le sue immagini con i pensieri mi ritrovo spesso nei suoi luoghi cari, dentro il suo altrove, penso all’intimità che usava nel fotografare in quella sua vecchia casa tra i vapori delle finestre.
Ma può veramente fare questo la fotografia di un uomo come Josef?
Io temo di sì, a me è capitato, forse perché amo profondamente lo studio delle cose semplici.
La sua fotografia, intrisa di poesia e anche di dolore, rende le cose silenziose e diversamente abitabili.
Il poeta di Praga, come amavano definirlo, è stato uno degli interpreti più segreti e profondi della realtà delle cose e della misteriosa, irresistibile seduzione che esse sanno esercitare su di noi, quando ci si offrono attraverso lo sguardo dei poeti.
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Josef Sudek aveva umanità e passione da vendere. Lui raccoglieva molti di quegli attimi fermati dalla finestra del suo studio durante l'occupazione nazista di Praga, senza inoltrarsi in viaggi o altri mondi, pensando che in fondo non era necessario andare tanto lontano per trovare la via giusta.



Josef Sudek - 28 Josef Sudek - 28 lucy franco 09.03.16 0
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Josef Sudek era un uomo piccolo, nato durante l'impero austroungarico nella cittadina di Kolin, famosa per essere stata teatro di una delle più cocenti sconfitte di Federico di Prussia, presto si dovette arruolare per combattere nella Grande Guerra.
Avviato dal padre come apprendista rilegatore, perse un braccio per la cancrena conseguente ad una ferita di poco conto causata da una scheggia di shrapnel di fuoco amico e passò tre anni in un ospedale per veterani.
Negli anni '20 superò quel brutto momento avvicinandosi alla fotografia, un'arte che non lo abbandonerà fino alla morte, avvenuta nel 1975, senza più muoversi da Praga.


Josef Sudek Josef Sudek lucy franco 09.03.16 0
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Chi lo conosceva poteva incontrarlo per le vie della città, la grossa camera portata con l'unico braccio sulla spalla buona, piccolo, quasi schiacciato da quel peso.
Eppure sotto quel peso c'era una capacità assoluta di osservare ed una grande sensibilità.


Josef Sudek - 02 Josef Sudek - 02 lucy franco 09.03.16 0
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Dopo la seconda guerra mondiale si mise alla ricerca di una vecchia macchina panoramica di produzione americana, ormai oggetto d’antiquariato. Alla fine la trova, trascurata, in casa di conoscenti. La Kodak produceva quell’apparecchio nel 1894 e non esistendo più pellicole in commercio, le auto-produce.
La tecnica da lui usata per imparare a guardare le cose come una macchina fotografica era quella di scrutare il mondo attraverso la mano sinistra, tenuta a imbuto davanti agli occhi.


Josef Sudek - 01 Josef Sudek - 01 lucy franco 09.03.16 0
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Le case dove ha abitato Josef erano semplici, modeste e funzionali e tutte le volte vi ammassava carte, oggetti e ricominciava “il regno delle cose” da fermare con il suo mezzo meccanico tra luce e poesia.


Josef Sudek - 31 Josef Sudek - 31 lucy franco 09.03.16 0
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Un realismo romantico ossia poetico era caratteristico dello stile di Sudek, che cercava la poesia, cioe' la vita segreta delle cose, il mistero e la bellezza della luce, lo spazio indefinito e impercettibile, l'armonia delle forme e dei volumi, la semplicità tematica, e un accordo emotivo con i motivi scelti. La luce che ha catturato all'interno della cattedrale di San Vito in costruzione, non è stata fatta con i plugins, ma quella luce è reale, materiale. Quelle presenze sono vivide anche se ci appaiono come ombre.


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Josef Sudek era un autore enigmatico e affascinante, attratto da visioni misteriose e cariche d’aura, da dettagli che rendono ogni foto un unicum, e da una tecnica spesso solo apparentemente imperfetta, soprattutto nella stampa. Sudek amava i grigi indefiniti, considerati spesso dai suoi contemporanei come una carenza di stile, da lui enfatizzati soprattutto nella scelta delle stampe a contatto.
Sudek sapeva attendere, anche per ore, a volte per interi giorni, il momento giusto. Nel suo caso non è un eufemismo dire che scriveva con la luce, quella luce ricercata che caratterizza ogni suo scatto.


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E poi Praga, la città dei tre popoli – il ceco, il tedesco, l’ebraico – la capitale della Boemia, la città dei poeti e dei cabalisti accompagnata dalle onde della Vtlava, la capitale magica d’Europa – così la definisce André Breton.
Nelle fotografie di Josef appare talvolta dietro un ricamo di pesco, colto nel momento del risveglio di primavera o in quello dell’abbandono autunnale. La città d’oro, dove Sudek ha vissuto tutta la vita alla ricerca dello stupore.


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Sudek é stato anche un ritrattista dal tratto particolare


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Si è dedicato molto anche al nudo, con esiti originali; all'interno della scuola ceca, tra le due guerre, ha fatto tendenza.


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Sudek non si è mai sposato, ha vissuto solo per tutta la vita adulta. Non viaggiava, salvo rari casi, si muoveva solo per incontrare i suoi più cari amici. Ha vissuto tra due guerre devastanti e sotto regimi totalitari ed opprimenti.
Ha ricevuto riconoscimenti in tarda età, solo dagli anni '70 è stato oggetto di mostre in occidente. A prima vista il suo lavoro può sembrare lugubre o deprimente.
Ma bisogna calarsi nell'animo della gente della sua terra per capirlo.
E bisogna vedere la luce come la vedeva lui.


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Lui stesso diceva che il suo viaggio fotografico è iniziato dentro alla cattedrale di San Vito, davanti alla luce che scendeva dalle vetrate e tra le navate. C'è da credergli ma in fondo non ha molta importanza.
Che fotografasse una rosa in un bicchiere, l'uovo che era il suo pranzo di quel giorno o una fetta di pane come pane quotidiano, un ramo sulla Moldava, una veduta lontana o la gente per la strada intenta a percorre i suoi propri passi c'è sempre un’umanità profonda e una sensibilità straordinaria in ogni suo scatto, come nel suo sguardo.


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Chissà che, nel gioco delle reincarnazioni, Sudek non possa rinascere in uno dei suonatori d’organetto che animavano malinconici le vie all’ombra della cattedrale di San Vito?
Dalle sue note potrebbe arrivarci la poesia composta da Franz Kafka all’inizio del secolo scorso:

Uomini che sopra oscuri ponti camminano
dinanzi a santi
dai fiochi lumini.
Nubi che sopra il cielo grigio passano
dinanzi alle chiese
dai campanili che imbrunano.
Uno che al parapetto squadrato si appoggia
e guarda l’acqua serale,
le mani su vecchie pietre.


Ricerche e notizie tratte dal web:

http://www.nikonland.eu/forum/index.php ... plici-r559

http://www.rolla.info/files/pdf/exhibit ... 0magia.pdf
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Allego per finire una mia umile cosa che ho scritto guardando da giorni le immagini di Josef Sudek
spronata anche da un mio amico di blog a cui piaceva sapere se mi erano arrivate parole oltre ai miei umili tentativi fotografici ispirati dalle foto del Maestro ceco.

A Josef

Io abito,
a volte di più,
il vuoto pensiero di un uovo
lasciato lì alla finestra
dentro catini di vapore,
a volte ricamo stagioni di neve a Praga,
inseguendo i tanti suoi fogli,
rilego quaderni di alberi e giardini
e scrivo di un vecchio fiume di brina
che ricorda il mio.
Le amputazioni non segnano le visioni del cuore,
un occhio menomato,
come pianta secca da estirpare
di un’inutile donna d’acqua
o un braccio che ha lasciato il corpo
breve e piccolo di un uomo grande di nome Josef,
non feriscono mai la rosa di foglia e argento
che guarda e insegna il suo nome al vetro,
o la poesia celebrata dentro navate di luce,
il bicchiere che dilata il semplice guardare della vita,
o i seni gentili di una donna in ombra.
Sì,
le amputazioni non segnano le visioni del cuore.
(eLIOT 2016)


Ancora un grazie di cuore a tutto lo staff di Fc, a Lucy e ai visitatori di questo forum.
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